Condono ai decibel-killer

Balene e delfini del Pacifico nuoteranno in acque poco tranquille. La maggioranza repubblicana, infatti, ha appena respinto un’ingiunzione del giudice federale che sollecitava restrizioni alla Marina sull’uso di sonar, le cui emissioni sono nocive per 37 specie di cetacei. La sentenza pone fine a una battaglia iniziata due anni fa con l’annuncio di una serie di quattordici esercitazioni a largo della California, in un ambiente sottomarino che ospita megattere, balenottere azzurre, leoni marini ed altri grandi mammiferi a rischio di estinzione. Da allora gli ambientalisti combattono per imporre ai marine il rispetto delle misure di contenimento alle emissioni acustiche.

Quest’ultima è stata una battaglia tra le più combattute: la sconfitta degli ecologisti è passata per un solo voto, a conferma di un’incertezza serpeggiante anche in seno alla maggioranza della Suprema Corte Usa.

L’impiego dei sonar serve ai militari per addestrarsi ad individuare eventuali nemici nelle profondità sottomarine. Un ultrasuono alla sorgente può avere una capacità anche di 240 decibel, più di quanti ne bastino ad uccidere un’orca o un capodoglio che si trovino nelle vicinanze. Ma il problema esiste anche per i cetacei che si trovano molto distanti dalla fonte: a seconda della lunghezza d’onda, infatti, i suoni possono diffondersi per centinaia di chilometri in tutte le direzioni.

Il sistema di ecolocalizzazione e lo scambio di segnali sonori sono i mezzi che permettono ai cetacei di orientarsi, di seguire le rotte e di difendersi dai pericoli. Un impulso di 110 decibel può interferire con il loro sistema naturale di navigazione, ingannandoli sulle direzioni da seguire e deviandoli dai tragitti; se poi il suono sale a 160 decibel alcuni di questi mammiferi marini possono persino perdere l’udito. E la morte può coglierli anche molto rapidamente per embolia sistemica, quando a colpirli è un ultrasuono di 235 decibel. (l.d.p.)

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