Consigli elettorali

George LakoffNon pensare all’elefante!Fusi Orari, 2006pp. 185, euro 12,00Consigli pratici alla sinistra per battere la destra. In questa fase di intensa campagna elettorale in Italia il libro di George Lakoff capita davvero a proposito. Questo pamphlet, che negli States è diventato un best seller con 250 mila copie vendute, infatti, riassume gli errori commessi dai progressisti americani durante la battaglia elettorale che ha portato alla rielezione di George Bush. Ma oltre a essere una sorta di lezione, un vademecum per non sbagliare più e, forse, uscirne vittoriosi la prossima volta, “Non pensare all’elefante” è soprattutto una riflessione sulla comunicazione politica, dove le migliori strategie messe in atto dai partiti devono fare i conti con gli imprevedibili meccanismi della mente umana. E lo sa bene Lakoff, docente di scienze cognitive e linguistica all’Università di Berkeley, in California. Basti pensare al concetto di frame, cioè a quel quadro di riferimento, quella cornice, costituita da immagini o conoscenze, che le parole evocano in noi. Se si chiede appunto a qualcuno “non pensare all’elefante” (che nel volume rappresenta il simbolo dei repubblicani americani), esso inevitabilmente lo farà mandando alla mente le tipiche caratteristiche dell’animale. È automatico. Ecco perché il politico sapiente deve stare molto attento e cercare di richiamare nella testa dei suoi elettori i frame giusti, quelli che si rifanno ai propri valori. Lakoff usa un’efficace metafora per introdurre meglio i lettori al tema: quella della nazione come famiglia. La famiglia, secondo l’idea dei conservatori, è guidata da un padre severo che educa all’interesse personale come valore sociale; al contrario quella dei progressisti è una famiglia con un padre premuroso, in cui gli stimoli ricevuti aiutano nel compito più ambizioso di costruire una società più giusta. Quindi, ogni volta che una parte politica si esprime a riguardo lo fa in base ai propri concetti di famiglia e di nazione. Secondo Lakoff, quindi, si deve evitare di usare il linguaggio dell’avversario: quando la sinistra si limita a controbattere, a declinare un programma “contro” e non “per”, è destinata alla sconfitta. Per vincere bisogna “giocare all’attacco, non in difesa”, dice lo scienziato. Anche perché, aggiunge, spesso la verità da sola non basta. Non sempre raccontando i fatti le persone arriveranno alle conclusioni giuste. Se una certa verità non rientra nei loro frame, stenteranno a comprenderla. Inoltre, basta commiserarsi e dare la colpa al mancato accesso ai mezzi di comunicazione: si deve ammettere il successo degli avversari e la loro bravura. È vero che le idee contano, ma se non si usa il linguaggio giusto, se non si è capaci di comunicarle, si perde. E lo ricorda anche Ferruccio de Bortoli nella prefazione al volume analizzando la situazione nostrana: “L’errore più comune che molti compiono è quello di ritenere generica la prevalenza culturale di programmi e uomini ed economicamente strutturale l’inferiorità mediatica. Insomma siamo bravi perché la storia (e la morale) sono dalla nostra parte; comunichiamo male solo perché non abbiamo i soldi né le proprietà dei mezzi d’informazione dei nostri avversari”. È meglio, quindi, che le varie anime di uno schieramento politico (Lakoff ne individua sei per i progressisti americani) mettano in scena ciò che li accomuna usando sempre il linguaggio dei valori. Gli elettori, infatti, di qualsiasi nazionalità o parte politica, votano per la loro identità e per i loro valori, non per forza per i propri interessi.

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