Complottisti, possiamo davvero convincerli?

Quali potrebbero essere le migliori strategie per convincere anche un solo terrapiattista, o un solo no-vax, a cambiare le proprie opinioni? Animato da intenzioni a dir poco missionarie Lee McIntyre, ricercatore in Filosofia e Storia della scienza presso il Center for Philosophy and History of Science della Boston University, si presenta in incognito a un convegno della Flat Earth International Conference per provare a ribaltare le convinzioni negazioniste di almeno un adepto. Come inoculare una verità scientifica in qualcuno che non la accetta? E, soprattutto, quali sono le ragioni per cui la verità scientifica viene rifiutata? Perché le evidenze del nostro globo azzurrino non convincono? Nel caso descritto dall’Autore, né i tentativi empatici né quelli tesi ad acquistare la fiducia dell’interlocutore né l’offerta di una buona cena si dimostrano funzionali alla causa. Nemmeno un convertito. Ma per lo meno l’incontro ha permesso di mettere in chiaro cinque punti fondamentali su cui complottisti, terrapiattisti e negazionisti in genere fondano le loro argomentazioni. Cherry-picking (scegliere solo prove a sostegno delle proprie idee), fiducia nelle teorie del complotto, fiducia in falsi esperti, ragionamenti illogici e diffidenza verso una presunta perfezione della scienza, costituiscono un sistema di riferimento coerente, una strategia capace di creare una contronarrativa su qualsiasi argomento.

L’appartenenza al gruppo

Sembra che i singoli negazionisti si rinforzino condividendo una identità di gruppo che definisce chiaramente una loro appartenenza e li differenzia dal pensiero degli altri. La dipendenza e la fiducia nel gruppo rappresentano una forza psicologicamente efficace che fa sentire ognuno parte di una comunità, legata dal fatto di condividere le stesse idee, indipendentemente da qualsiasi correttezza scientifica. Del resto su analoghi bisogni di appartenenza fanno forza tutti i sistemi fondamentalisti, politici, religiosi o antiscientifici che siano.

Strategie poco efficaci

Nel capitolo intitolato: Come far cambiare idea alle persone? l’autore descrive le varie strategie usate nei suoi (poco efficaci) tentativi di conversione. La non aggressività, il rispetto per le identità altrui, la capacità di accettare critiche, il lasciarsi mettere in discussione, aiutano a conquistare la fiducia dell’interlocutore e sviluppare, per lo meno, dei confronti tra opinioni. E proprio basandosi su questi atteggiamenti McIntyre propone delle linee guida su come proporsi in modo efficace per evitare immediate situazioni di conflitto.

Categorie da convertire

Ma oltre ai terrapiattisti vi sono ben più pericolose categorie da convertire: i no-vax, i no-OGM e soprattutto chi non crede nel cambiamento climatico. E poi ci sono i complottisti: qualcuno – ma non si sa chi – ci vuole convincere delle sue idee distribuendo prodotti chimici occulti, diffondendo germi pericolosissimi, modificando con concimi e diserbanti i buoni sani e nutrienti prodotti della terra.

Le ragioni dei negazionisti

Purtroppo (o per fortuna) dell’autore, su molti argomenti negazionisti le posizioni sono meno drastiche e meno strutturate, più possibiliste: certo, gli OGM sono sicuri ma io preferisco non mangiarne; certo, il vaccino contro il Covid è stata una vera salvezza, ma io preferisco aspettare che vi siano risultati a lungo termine; certo, il riscaldamento globale è un evidente disastro, che provocherà la morte di intere popolazioni e la distruzione di molte terre emerse, ma come sviluppare le industrie senza combustibili fossili? Come lasciare che oggi chi lavora col carbone corra il rischio di essere disoccupato o morire di fame? Prima o poi troveremo qualcosa che permetterà di limitare i danni, eccetera eccetera.

Interessi personali

Le interviste di McIntyre con i pescatori delle Maldive, con intellettuali e politici, con persone favorevoli e contrarie alla politica di Trump mettono in evidenza la vastità delle problematiche affrontate ma anche la varietà delle opinioni che ciascuno, dalla sua particolare angolatura culturale ed economica, è disposto a sostenere. Gli interessi personali generano comportamenti altrettanto personali, impossibili da generalizzare o da ridurre a schemi validi in ogni situazione. E far cambiare idea a persone su argomenti che non li tocchino nell’immediato presente è particolarmente difficile, addirittura impossibile.

Destra o sinistra?

L’ultima questione su cui McIntyre prova ad indagare raccogliendo interviste e informazioni riguarda le convinzioni politiche dei negazionisti. Il negazionismo è un fenomeno di destra o di sinistra? La disinvoltura tutta americana con cui viene posto questo problema a diverse persone, raccogliendo dati da analisi e inchieste giornalistiche con bibliografie aggiornate, non permette risposte definitive. Le statistiche sono ambigue, e a parte le idee di Trump e del suo gruppo di sostenitori, sembrerebbe che vi sia cautela possibilista in entrambi gli schieramenti, mentre solo le frange estreme dei democratici e dei conservatori, con le dovute eccezioni, siano negazioniste.

Sviluppare empatia

Le conclusioni dell’autore non sono molto incoraggianti: è importante sviluppare empatia anche per chi sostiene idee che non ci convincono, non aggredire gli altri per le loro posizioni e provare a far capire che i risultati della scienza non sono mai totalmente sicuri; ma intanto il Trumpismo rimane e prende piede, il riscaldamento globale aumenta con grave pericolo per molti dei viventi su questo pianeta, la prossima epidemia non è poi molto lontana. E le conversioni alla metodologia scientifica? Speriamo che l’autore possa descriverci in un futuro libro anche qualche successo del suo attualmente poco efficace metodo per parlare di scienza.

Foto di Markus Spiske su Unsplash