Cosa sono gli organismi geneticamente ricodificati?

I tanto discussi ogm stanno forse per diventare roba del passato. Completamente superati. E l’ingegneria genetica potrebbe presto voltare pagina e iniziare a scrivere una nuova storia. Tutto grazie agli sforzi di un’équipe di scienziati della Yale University e altri istituti di ricerca statunitensi, che sono riusciti, per la prima volta al mondo, a “creare un organismo con un codice genetico completamente nuovo, o alternativo”, per dirla con le parole di Farren Isaacs, uno degli autori della ricerca. Il lavoro è stato pubblicato su Science ed è destinato a generare una lunga serie di discussioni all’interno della comunità scientifica

Per capire la portata della scoperta, è bene fare un passo indietro. A livello genetico, come ricorda PopSci, tutta la vita sulla Terra “parla la stessa lingua”. Nel senso che tutti gli esseri viventi sono dotati di dna o del suo cugino stretto, l’rna. E il nostro materiale genetico è composto dallo stesso lotto di mattoncini, i cosiddetti nucleotidi, cui si fa spesso riferimento con le iniziali dei loro nomi completi: A (adenina), C (citosina), G (guanina) e T (timina) per il dna e A, C, G e U (uracile) per l’rna. Tutte le cellule sono in grado di leggere il linguaggio scritto in queste lettere, quindi non è infrequente che cellule di una specie riescano a capire il dna di cellule di un’altra. È proprio grazie a questo, per esempio, che l’industria farmaceutica riesce a produrre l’insulina per i diabetici, inserendo il gene umano dell’ormone all’interno di batteri e lieviti. 

L’ingegneria genetica tradizionale – forse dovremo abituarci a chiamarla così – prevede l’inserimento di interi geni, sequenze coerenti di centinaia di nucleotidi, all’interno delle cellule. Paragonando un organismo vivente a un computer, questo procedimento equivale, come spiega Danielle Tullman-Ercek, bioingegnere alla University of California, Berkeley, ad “aggiungere nuovo software”. Il nuovo metodo degli scienziati di Yale, invece, prevede una riscrittura – in misura estremamente ridotta, naturalmente – del linguaggio cellulare preesistente. Un po’ come se stessimo programmando “un nuovo sistema operativo”, spiega ancora Tullman-Ercek, che non ha partecipato alla ricerca. 

Isaacs e la sua équipe hanno definito il loro procedimento ricodifica del codice genetico. I prodotti della ricodifica sono i cosiddetti organismi geneticamente ricodificati (ogr), che, secondo Isaacs, sono un sottoinsieme degli ogm che tutti conosciamo. I ricercatori hanno lavorato sull’E. coli, cambiandone circa 321 singoli nucleotidi – non tantissimi, se si tiene conto del fatto che il batterio ne ha in tutto circa quattro milioni e mezzo. Una piccola variazione che però, come hanno mostrato gli scienziati, rende l’E. coli estremamente più resistente ai virus. E, soprattutto, gli consente di sintetizzare nuove proteine

In particolare, il team di Yale ha provato a infettare il batterio ricodificato con due virus. Uno dei due ci è riuscito solo con grande difficoltà: secondo gli scienziati, un’ulteriore ricodifica potrebbe rendere l’E. coli ancora più illeggibile e quindi ancora più resistente a diversi tipi di infezioni virali. In un altro esperimento, Isaacs e colleghi hanno aggiunto all’E. coli i geni per sintetizzare una proteina del tutto nuova. In natura, tutte le proteine sono composte da diverse combinazioni di 20 amminoacidi: per crearne altre, gli scienziati hanno lavorato per anni alla sintesi dei cosiddetti amminoacidi non naturali (NsaaNon-Standard Ammino Acids). Ma il processo non è ancora stato perfezionato. L’E. coli ricodificato, invece, è riuscito a sfornare in modo efficiente un 21° amminoacido, rimuovendo i processi che finora interferivano con la produzione di amminoacidi non naturali. 

Questo nuovo approccio all’ingegneria genetica sembra estremamente promettente. Avere dei batteri più resistenti alle infezioni significherebbe un grande vantaggio nella produzione dei cosiddetti batteri bioingegnerizzati, che producono biocarburanti o riducono l’inquinamento. E, inoltre, il processo sarebbe più sicuro rispetto a quello tradizionale. Perché i geni ricodificati non possono essere letti da altre cellule, e dunque la probabilità che sfuggano al controllo degli scienziati sono praticamente nulle.
 
Via: Wired.it
Credits immagine: ghutchis/Flickr

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