Categorie: AmbienteVita

Così gli embrioni di squalo sfuggono ai predatori

Sebbene da adulti siano tra i più temibili predatori marini esistenti, quando sono ancora confinati nelle loro uova gli squali sono pressoché indifesi. Per questo alcune specie hanno sviluppato una tecnica di difesa del tutto particolare: rimanere perfettamente immobili, nella speranza che i predatori non si accorgano di loro. Uno studio della University of Western Australia, pubblicato su Plos One, ha scoperto che per farlo gli embrioni di squalo bambù (Hemiscylliidae) utilizzano un sistema di speciali recettori, individuando variazioni del campo elettrico circostante riconducibili a potenziali predatori in avvicinamento e rimanendo quindi immobili fino quando il pericolo non sia passato. 

L’elettroricezione (la capacità di percepire i campi elettrici) è una caratteristica piuttosto diffusa nel regno animale. Da adulti gli squali utilizzano speciali organi di senso, le ampolle di Lorenzini, per individuare le potenziali prede attraverso i mutamenti nei campi elettrici che li circondano. Normalmente, prima della nascita questi recettori sono inutili perché gli embrioni si trovano ben protetti all’interno dell’utero delle madri (e la caccia grossa per loro non è ancora cominciata). In alcune specie però, come gli squali bambù, che depositano le loro uova sui fondali, sono l’unico mezzo per percepire informazioni sull’ambiente esterno, e si trasformano quindi in un sistema di difesa fondamentale. 

Per scoprirlo, i ricercatori hanno analizzato in laboratorio degli embrioni provenienti da squali in cattività, simulando con dei campi elettrici la presenza di un predatore in avvicinamento. In questo modo hanno scoperto che anche dall’interno delle uova gli embrioni sono in grado di percepire le variazioni elettriche nell’ambiente. In presenza dei campi elettrici riconducibili ai predatori infatti, gli embrioni riducevano la loro attività respiratoria e i movimenti delle branchie, così da diminuire la probabilità di essere individuati.

Per quanto curiosa, la scoperta potrebbe avere in futuro anche delle interessanti applicazioni pratiche. Secondo i ricercatori infatti, i risultati del loro studio potrebbero essere utilizzati per sviluppare repellenti per gli squali più efficaci di quelli attuali. 

Riferimenti: Plos One Doi:10.1371/journal.pone.0052551 

Credits immagine: Ryan Kempster

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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