I pesticidi allontanano le rondini dall’Italia

Una rondine non fa primavera. È vero, ma il noto proverbio potrebbe essere valido ancora per poco. Il simbolo della primavera sta scomparendo, e neanche troppo lentamente: si calcola che in Europa la popolazione di rondini sia crollata del 40% negli ultimi dieci anni. Lo denuncia la Lega Italiana per la Protezione degli Uccelli (Lipu) nel report 2014Uccelli comuni in Italia”, edito in collaborazione con la Rete Rurale Nazionale per il progetto Farmland Bird Index del Ministero delle Politiche agricole.

Ma la rondine non è l’unica specie a essere in declino: allodola, cappellaccia, averla piccola, torcicollo, saltimpalo e persino i passeri stanno diminuendo. Sulle 28 specie legate agli ambienti agricoli prese in considerazione dal report, infatti, ben 14 hanno problemi di conservazione e sono in calo.

Colpa dei pesticidi e dell’agricoltura intensiva, in primis. “La rondine è una specie insettivora, indicatrice di qualità agroalimentare: una sola coppia mangia seimila insetti al giorno. Le coltivazioni intensive, che per mantenere alta la produttività necessitano di un maggior utilizzo di pesticidi e diserbanti rispetto alle colture tradizionali di qualche decennio fa, hanno ridotto drasticamente la presenza di cibo per le rondini. E questo vale ancora di più fuori dall’Europa, dove la regolamentazione sull’uso di queste sostanze è ben diversa, con limiti meno restrittivi sul tipo di sostanze utilizzate e sulle soglie massime. È un cane che si morde la coda: meno rondini, più insetti, più pesticidi, e ancora meno rondini, e così via”, afferma Fulvio Mamone Capria, presidente della Lipu, partner italiano di BirdLife. “È preoccupante l’uso di pesticidi ancora troppo alto in Italia, nonostante l’impegno di numerose associazioni agricole che spingono per un’agricoltura più verde. Un impegno che però trova ancora resistenze”.

Che l’Italia fosse tra i maggior consumatori di pesticidi in Europa l’aveva già annunciato Science nel 2013: un consumo annuo pari a 5,6 chili per ettaro, circa il doppio di Francia e Germania. In particolare i consumi più elevati si registrano nella pianura padana. In testa c’è il Trentino Alto Adige (con la punta di 42,33 chili per ettaro), seguito a ruota da Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e a sud Sicilia e Campania.

Proprio le stesse regioni in cui le rondini italiane hanno subito il calo più alto: 60-70% in meno dal 2000. Infatti i pesticidi non si limitano a far diminuire drasticamente gli insetti, unico nutrimento per le rondini, ma possono accumularsi negli individui adulti e danneggiare il ciclo riproduttivo di questi uccelli impedendo la schiusa delle uova. “Il rischio più grande è che altri paesi ripetano i nostri stessi errori: l’uso sconsiderato di pesticidi e diserbanti, primo tra tutti il Ddt, ha inquinato già le nostre campagne e ancora oggi ne paghiamo lo scotto”, continua Capria.

Va sottolineato che seppur il bel paese resti in testa nel panorama europeo per consumo di pesticidi, la vendita di questi prodotti in Italia è calata negli ultimi dieci anni. Tuttavia secondo l’Istat sono diminuite le vendite complessive, ma è aumentato l’uso dei pesticidi classificati come “nocivi” in base alla pericolosità. E proprio questi pesticidi si accumulano nel tempo anche nelle acque, fondamentali per la sopravvivenza delle rondini e per le coltivazioni agricole.

A pesare sul bilancio c’è anche il risultato del recente rapporto IspraPesticidi nelle acque 2014”. Nei fiumi e nei laghi italiani è stato rilevato un cocktail di 175 sostanze tra erbicidi, fungicidi e insetticidi dagli effetti sconosciuti: il numero più alto degli ultimi anni. E in molte località, nelle acque sono state ritrovate concentrazioni di pesticidi superiori ai limiti previsti dagli standard di qualità ambientale (Sqa), stabiliti dalla direttiva europea 2008/105/Cee. Preoccupa anche la presenza di sostanze tossiche particolarmente persistenti, vietate e inserite nell’elenco dei Pops (Persistent Organic Pollutants) dalla Convenzione di Stoccolma del 2001. L’Italia infatti è l’unico paese in Europa che pur avendo sottoscritto tale Convenzione, non l’ha ancora ratificata. Dati preoccupanti per le rondini ma anche per l’essere umano, quindi.

Complici di questo netto calo delle rondini, però, sono anche altri fattori. La rondine è una specie migratrice: due volte l’anno attraversa il Mediterraneo e il deserto del Sahara per spostarsi tra l’Africa e l’Europa. Così i cambiamenti climatici rischiano di sfalsare i suoi ritmi migratori, compromettendo le possibilità di riproduzione. Inoltre anche in Africa, dove trascorre l’inverno, si vede sottrarre il suo habitat naturale dal consumo di suolo e dall’avvento delle grandi monoculture, senza contare il fatto che in Nigeria viene anche catturata a scopo alimentare.

In Europa invece, dove torna in primavera, fatica sempre più a trovare il suo luogo di nidificazione ideale: il sottotetto di una stalla tradizionale. Infatti le stalle tradizionali stanno scomparendo a causa della modernizzazione degli allevamenti di bestiame. Per sopravvivere le rondini hanno bisogno di quel mosaico agricolo che è ormai in via di estinzione.

“Il rapporto di Ispra e Lipu dovrebbe essere un punto di partenza per agire in modo repentino. Sono dati fondamentali per mettere in sicurezza la qualità dell’ambiente, dell’agricoltura e di ciò che portiamo sulle nostre tavole. Non vanno sottovalutati”, conclude Mamone Capria.

Credits immagine: laurent KB/Flickr

Coldiretti Rassicura: il nostro Paese è il più sicuro

Stefano Masini, responsabile sezione Ambiente Coldiretti, spiega che in Italia la quantità di pesticidi si è ridotta fortemente negli ultimi dieci anni. Ogm e agricoltura biologica non sarebbero inoltre una valida alternativa, perché l'utilizzo di queste sostanze dipende fortemente dalle caratteristiche della nostra produzione agricola.
Stefano Masini, responsabile sezione Ambiente Coldiretti, spiega che in Italia la quantità di pesticidi si è ridotta fortemente negli ultimi dieci anni. Ogm e agricoltura biologica non sarebbero inoltre una valida alternativa, perché l’utilizzo di queste sostanze dipende fortemente dalle caratteristiche della nostra produzione agricola.

Stando ai dati diffusi da Science saremmo uno dei principali utilizzatori di pesticidi in Europa, con una quantità doppia rispetto a nazioni come Francia e Germania. Ma perché? La nostra agricoltura è poco attenta ai bisogni dell’ambiente? Lo abbiamo chiesto a Stefano Masini, responsabile della sezione ambiente di coldiretti.

Stefano Masini, perché usiamo tanti pesticidi?

“Non mi risulta che in Italia se ne faccia un uso tanto massiccio. Anzi, i dati pubblicati dall’ultimo rapporto Istat (gennaio 2015) indicano piuttosto che nel periodo 2002-2013, la quantità di pesticidi distribuiti per uso agricolo è diminuita complessivamente di 76 mila tonnellate (-45,2%). Poi in Italia sono in diminuzione anche i principi attivi contenuti nei pesticidi per ettaro di superficie trattabile, passando da 0,71 a 0,65 kg per ettaro. Va poi ricordato che, a differenza dei Paesi del nord e centro Europa, in Italia abbiamo un’ampia estensione di coltivazioni ortofrutticole che sono le più esposte agli attacchi di parassiti e malattie. Quindi il paragone tra Italia e resto d’Europa non regge, visto che le quantità di pesticidi utilizzati dipendono dal grado di vulnerabilità delle colture a malattie e fattori climatici e ambientali locali”.

L’agricoltura biologica può essere una soluzione per limitare l’uso dei pesticidi?

“L’Italia è il primo Paese nell’Ue per numero di operatori biologici: 52.383, di cui 45.969 sono imprese agricole biologiche. Tuttavia convertire al metodo di produzione biologico l’agricoltura italiana, e in generale quella mondiale, sarebbe impossibile sia dal punto di vista tecnico che economico. A parità di produttività, infatti, questo metodo richiede l’utilizzo di un maggior numero di terreni agricoli: l’impatto sull’ambiente e sulla biodiversità sarebbe negativo e addirittura contrario alla stessa filosofia del metodo biologico se questo venisse esteso in modo generalizzato. Ricordiamo comunque che l’agricoltura italiana si basa già su un sistema agricolo di produzione a basso impatto ambientale, in cui l’uso dei pesticidi è limitato a quanto strettamente necessario per garantire sicurezza alimentare e alti standard quantitativi e qualitativi”.

Le coltivazioni Ogm sono progettate per limitare l’uso dei pesticidi. Potrebbe essere questa l’alternativa all’uso dei pesticidi?

“No, gli Ogm non sono un’alternativa valida perché il loro impiego in agricoltura è più recente e non ha la stessa storia di sperimentazioni dei pesticidi i quali, invece, sono stati introdotti nel dopoguerra, e col tempo hanno superato criteri di valutazione rigorosissimi sul piano scientifico, con conseguenti adattamenti e restrizioni delle normative comunitarie. C’è poi da aggiungere che l’introduzione degli Ogm comporta un’omologazione delle produzioni alimentari che toglierebbe competitività al nostro Paese. Le nostre imprese sono infatti in grado di affrontare la concorrenza in termini non di prezzo ma di qualità e tipicità, caratteristiche grazie alle quali il nostro export riesce ad affermarsi con successo nel mondo. Il fatto di rinunciare all’impiego di Ogm è quindi una scelta dettata anche da ragioni economiche”.

Rondini e pesticidi: la tabella

Tabella pesticidi e rondini

Anche i cittadini possono aiutare a proteggere le rondini

Una maggiore consapevolezza, e un aiuto aiuto pratico da parte dei cittadini sono fondamentali per provare a migliorare politiche locali e nazionali al fine di ripopolare di rondini i nostri cieli primaverili. La Lipu se n’è accorta, e promuove tre progetti di citizen science.

Spring Alive è un piano internazionale di monitoraggio per mappare l’avanzamento della primavera nel Mediterraneo. Coinvolge più di trenta paesi in Europa, Africa e Medio Oriente e si rivolge a bambini, ragazzi, famiglie, scuole, cittadini e interi comuni. In Italia il progetto è organizzato dalla Lipu, partner di BirdLife. I partecipanti sono invitati a registrare sul sito l’avvistamento dei cinque ambasciatori della primavera: la cicogna bianca, il cuculo, la rondine, il rondone e il gruccione.

Operazione Rondò è una campagna di sensibilizzazione rivolta ai giovani e a tutta la collettività per mappare l’arrivo della primavera in Italia. Presentata a Caserta dalla LIPU e dal Corpo Forestale dello Stato, l’operazione chiede ai cittadini di diventare sentinelle attive nella tutela di rondini, balestrucci, topini e rondoni e di segnalarne la data di avvistamento al Corpo Forestale dello Stato. Partecipano all’iniziativa anche i giovani dell’Istituto Penale Minorile di Nisida e quelli dell’Associazione italiana persone Down, entrambi già impegnati in altri progetti di difesa ambientale.

Ornitho è una piattaforma nazionale nata nel 2009 allo scopo di compilare, entro il 2015, un atlante nazionale degli uccelli nidificanti e svernanti in Italia. Grazie alla LIPU dal 2013, i cittadini sono chiamati a segnalare i nidi attivi di rondine e balestruccio attraverso il sito. Il progetto coinvolge 4000 persone tra ricercatori, birdwatcher, fotografi, gruppi e associazioni e ha visto finora l’inserimento di oltre 4.000.000 dati.

A rischio anche la nostra salute

Se acqua, aria, suolo e alimenti sono a contatto con i pesticidi, la salute della specie umana è in pericolo tanto quanto quella delle rondini e i rischi in seguito all’esposizione a tali sostanze deve essere seriamente considerata. A farlo in Italia è l’Associazione Medici per l’Ambiente, Isde, che a marzo ha pubblicato un position paper in cui fa il punto della situazione. La denuncia è allarmante: sebbene valutare gli effetti a lungo termine dei pesticidi sulla salute umana sia complesso, «ci sono molti lavori che documentano l’insorgenza di tumori e la comparsa di disturbi neuronali derivati dall’uso dei pesticidi» afferma Celestino Panizza, coordinatore del Gruppo di Lavoro ISDE Italia sui pesticidi.

«Purtroppo – continua Panizza – le azioni di sanità pubblica arrivano spesso in ritardo rispetto alle evidenze scientifiche, e in questo campo gli atteggiamenti tesi a minimizzare i problemi derivano anche da forti interessi economici. Un esempio su tutti è la querelle in atto tra Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione) e Monsanto. Al centro del dibattito il glifosato, un pesticida dichiarato potenzialmente cancerogeno dalla Iarc e invece definito innocuo dalla multinazionale che ne è principale produttrice».

I pesticidi, mettono in guardia i medici dell’Isde, possono entrare negli organismi animali (specie umana incluso) per via respiratoria, cutanea, attraverso le mucose e per ingestione. L’acqua potabile e la catena alimentare sono le fonti di rischio principale. Le esposizioni ai pesticidi durante la gravidanza, l’allattamento e l’infanzia possono avere effetti di particolare rilievo anche a dosi infinitesime, per via dei delicati processi di crescita e sviluppo del bambino. Secondo i dati scientifici valutati dall’ISDE, il bilancio è pesante: colpiti il sistema nervoso, endocrino, immunitario, riproduttivo, urinario, cardiovascolare e respiratorio.

Articolo Prodotto in collaborazione con il Master “La Scienza nella Pratica Giornalistica” della Sapienza Università di Roma

2 Commenti

  1. Nella mia azienda sta succedendo l’esatto contrario ne stanno arrivando sempre più ed è uno spettacolo vederle.

  2. Un paio di osservazioni: vengo da una famiglia di contadini ed ho superato la soglia dei ’76. Quand’ero giovane, avevamo la concimaia sotto le finestre della cucina (oggi sarebbe fuori legge)e 5 vacche + 3 maiali nella stalla. In paese (2.000 anime) c’era una stalla per famiglia, con concimaie idem. Dominare il bue sotto il giogo del carro agricolo era un’impresa impari, per la densità/ha di tafani ed altri ditteri succhiasangue. In casa c’era la striscia col vischio, che diventava nera di mosche dopo 24 ore. E, naturalmente, c’erano migliaia di rondini. Oggi di stalle praticamente non ce ne sono più, almeno nel mio paese, e tutto è piantato a meleto specializzato, ove, secondo l’ISTAT, useremmo 42,43 kg/ha di “pesticidi”: se fosse vero, saremmo falliti, economicamente, noi ed i nostri frutteti e noi stessi avremmo più cancri, che i topi di Serralini. Tra l’altro, usiamo il minimo necessario strettamente per le coltivazioni intensive, non ” per mantenere alta la produttività”, come dite voi, ma per avere una produzione vendibile: nessun cittadino, anche se amante delle rondini, ci comprerebbe un kg di mele, se bacate o con lesioni da ticchiolatura. Quanto alle “colture tradizionali di qualche decennio fa”, a quell’epoca nei frutteti (misti, perché coltivati in consociazione ad altre colture annuali per autoconsumo, fieno, patate, granturco ecc.) si usava, oltre al DDT, anche arseniato di piombo, per esempio, e la frutta prodotta non sarebbe rientrata, oggi, negli standard minimi di qualità per la commercializzazione, previsti per legge.
    Quanto alla salubrità della frutta odierna, date un’occhiata alla percentuale di frutta italiana con residui fuori legge, rispetto alla media europea. Facciamo tutto “biologico”? OK: ditecelo, ma rassegnatevi a pagare un bel po’ di più (o a mangiare meno frutta e verdura) ed anche a raddoppiarci le superfici disponibili alla coltivazione. Infine, già oggi importiamo almeno il 50% di quel che mangiamo e, riguardo al biologico, ne importiamo ancora di più. Per chiudere, avete ragione: oggi io vedo molto meno rondini, ma dobbiamo fare una scelta: andiamo avanti razionalizzando ogni anno di più il nostro mestiere di frutticoltori, rassegnandoci a vedere poche rondini, oppure torniamo indietro? Quanto a me, se la scelta dovesse essere la seconda, cederei subito l’azienda a qualche rondinofilo, perché possa tornare a fare il “contadino” di 50 anni fa e guardarsi le “sue” rondini. Ma lo faccia lui! Io lo so già di che si tratta.

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