Sviluppare l’Aids in seguito all’infezione da hiv richiede mediamente una decina di anni, in alcuni casi però la malattia conclamata compare molto più precocemente, già nel giro di tre anni. Casi a progressione rapida così negli ultimi tempi sono stati segnalati a Cuba, e i ricercatori della University of Leuven hanno cercato di capire meglio perché, scoprendo che la ragione potrebbe nascondersi nella presenza di un ceppo particolarmente aggressivo di hiv, che potrebbe rendere ancora più problematico il trattamento dei pazienti. Pazienti che potrebbero diventare malati prima di sapere di aver contratto il virus.
Il ceppo in questione si chiama CRF19 e secondo i ricercatori è, almeno da un punto di vista evolutivo, particolarmente adattato all’ospite, probabilmente per effetto di eventi di ricombinazione tra diversi ceppi virali. Si tratta infatti di fenomeni che possono verificarsi laddove per esempio si abbiano più rapporti non protetti con più persone, dove aumenta cioè il rischio di contrarre diversi ceppi di hiv.
Quello identificato dai ricercatori nei pazienti con progressione rapida di malattia usa il recettore CXCR4 come ingresso nelle cellule ospiti invece del recettore CCR5, usato nelle infezioni a progressione ‘normale’ della malattia. Questo switch di recettori, spiegano gli scienziati su EBioMedicine, coincide con una progressione più veloce verso lo sviluppo della malattia, ma generalmente avviene dopo anni nella maggior parte dei pazienti. Inoltre nelle persone con il ceppo CFR19 si osserva un’insolitamente alta carica virale e alti livelli della molecola RANTES, parte della risposta immunitaria naturale e ligando della proteina CCR5. Cosa significa questo? Quando la RANTES è alta il virus non può legarsi al recettore CCR5 per entrare nelle cellule e questo potrebbe favorire la selezione dei ceppi che si legano al recettore CXCR5.
La transizione precoce dalla forma virale che preferisce CCR5 a quella che si lega a CXCR5 nel ceppo ricombinante potrebbe essere avvenuta, come accennato, combinando frammenti di diversi sottotipi di Hiv.
Riferimenti: EBioMedicine Doi: http://dx.doi.org/10.1016/j.ebiom.2015.01.015
Credits immagine: Microbe World/Flickr CC
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