Categorie: SaluteSocietà

Così si combattono le resistenze agli antibiotici

Abbiamo imparato a combatterli ma i batteri, dal canto loro, nel tempo anche imparato a difendersi. E noi, più o meno senza saperlo, li abbiamo aiutati a farlo, così tanto che un giorno potrebbero aver loro la meglio, cancellando una delle più grandi conquiste della medicina, quella degli antibiotici. La minaccia della diffusione delle antibiotico-resistenze è infatti più che mai reale e per combatterla bisogna prima di tutto conoscerla, perché non la conosciamo affatto. E questo perché ignoriamo una (buona) parte dell’origine, ovvero il corretto utilizzo degli antibiotici.

A svelarlo è l‘indagine dell’Organizzazione mondiale della sanità, presentata proprio in occasione della prima edizione della settimana sulla consapevolezza sull’utilizzo degli antibiotici (World Antibiotic Awareness Week), in corso fino al prossimo 22 novembre, in concomitanza con la presentazione del report sul consumo degli antibiotici in Europa (qui domani, 18 novembre, ricorre la Giornata europea degli Antibiotici).

La resistenza agli antibiotici avviene ogni qualvolta i batteri cambiano diventando resistenti agli antibiotici tradizionalmente utilizzati per combattere le infezioni che causano. Il che significa che trattare le stesse infezioni diventa sempre più difficile, se non impossibile in alcuni casi, perché le armi diventano inutili. Sebbene l’insorgenza delle resistenze sia un fenomeno naturale, il cattivo utilizzo degli antibiotici (sia negli esseri umani che negli animali) può di certo accelerarlo, con conseguenze drammatiche: solo in Europa, infatti, si stima che ogni anno le morti per infezioni resistenti agli antibiotici siano 25 mila l’anno e diversi tipi di infezioni, dalle polmoniti, alla turbercolosi alla gonorrea, stanno diventando sempre più difficili da trattare. Le cause del diffondersi del fenomeno sono diverse: prescrizioni eccessive, scarsa aderenza ai trattamenti, utilizzo eccessivo negli allevamenti, scarso controllo delle infezioni nelle strutture sanitarie, mancanza di igiene e mancanza di nuovi antibiotici. Diversi sono anche i modi con cui i batteri resistenti agli antibiotici una volta sviluppatesi possono diffondersi: dal contatto uomo-uomo, a quello uomo-animali al consumo di cibo e acqua che li contengano.

(Credits infografica: European Centre for Disease Prevention and Control, ECDC)

Se da una parte quindi va da sè che una buona strategia per combattere la diffusione delle resistenze sia quella di fermare in primo luogo il diffondersi dei batteri (per esempio attenendosi alle classiche norme igieniche, quali il lavaggio della mani, evitare il contatto con le persone malate ed evitare la diffusione delle infezioni attraverso le vaccinazioni) dall’altra lo sforzo deve essere quello di promuovere il corretto utilizzo degli antibiotici. La chiave è quella di adottare un comportamento adeguato più che puntare (e sperare) nell’arrivo di nuovi farmaci. Da parte di tutti gli attori coinvolti: i medici sì, gli operatori del settore agricolo, i policy maker e ovviamente i pazienti.


(Credits infografica: Who)

Perché come emerge dalla survey dell’Oms quando si parla di antibiotico-resistenze in pochi hanno le idee chiare (qui un test per mettere a conoscenza le vostre di idee). Circa il 64% delle persone interpellate (circa 10 mila) crede, infatti, che gli antibiotici possano essere utili contro raffreddori e influenze (mentre, lo ricordiamo, gli antibiotici combattono le infezioni batteriche) e il 32% pensa di poter sospendere gli antibiotici quando si sente meglio, a prescindere dalla durata dell’intero trattamento (mentre seguire dosi e prescrizioni è fondamentale per eliminare tutti i batteri e ridurre il rischio che alcuni sopravvivano e sviluppino resistenze). 


(Credits infografica: Who)

Infine, circa il 44% degli intervistati crede che la resistenza agli antibiotici sia un problema solo per chi assume gli antibiotici, quando invece chiunque, di qualsiasi età e paese, può essere a rischio di beccarsi un’infezione resistente agli antibiotici. Senza considerare che un preoccupante 76% dei partecipanti alla survey pensa che la resistenza agli antibiotici non sia una fenomeno che riguarda i batteri, quanto piuttosto il meccanismo con cui il corpo diventa resistente agli antibiotici.

(Credits infografica: Who)

Riferimenti: Who, Ecdc

Credits immagine: Iqbal Osman/Flickr CC
Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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