Così si misura la pressione

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L’ipertensione arteriosa costituisce una minaccia per la salute dell’organismo ma la sua presenza può sfuggire all’occhio del medico che, quindi, non può avviare la terapia adeguata. Il problema nasce dal fatto che il valore della pressione può variare anche in maniera sensibile come risposta a condizioni di stress emotivo, di impegno fisico o mentale. Per ottimizzare l’individuazione certa di questa condizione, gli scienziati dell’Università di Oxford, in Inghilterra, hanno messo a punto un metodo di rilevamento del rischio che utilizza un modello che integra più rilevazioni della pressione arteriosa, i cui dati vengono incrociati con altre caratteristiche cliniche e comportamentali dei soggetti. Lo studio, che potrebbe essere decisivo nella prevenzione di patologie come infarto, ictus e insufficienza renale è stato pubblicato nei giorni scorsi dalla rivista Hypertension.

Misurare la pressione, e diagnosticare l’ipertensione, non è affatto semplice. Uno dei fenomeni che mettono a rischio una diagnosi corretta è quella conosciuta come “ipertensione da camice bianco”, un aumento della pressione arteriosa che interviene solo durante le visite mediche. Questa lettura può indurre in errore il medico che, in buona fede, potrebbe prescrivere una terapia superflua. In altri casi, al contrario, la misurazione effettuata dal medico può risultare nella norma mentre, in molti altri momenti della giornata la pressione risulta elevata e quindi pericolosa.

Il team di scienziati inglesi, guidati da James Sheppard, ricercatore dell’Università di Oxford, ha quindi cercato di costruire un modello in grado di tracciare un profilo attendibile dei pazienti eventualmente ipertesi. Lo ha fatto utilizzando non solo i valori della pressione arteriosa, ma anche altri fattori come l’età, il sesso, l’indice di massa corporea, l’eventuale vizio del fumo e il consumo di alcool. I dati sono stati ottenuti da circa 900 pazienti sui quali la rilevazione della pressione è stata effettuata in tre momenti diversi, per costruire la base sulla quale ha poi poggiato la valutazione complessiva che è stata completata con tutti gli altri fattori.

Il modello così ottenuto, secondo gli autori dello studio, è decisamente più sensibile di altri strumenti simili messi a punto in precedenza. “Analizzando i dati secondo il nostro metodo”, ha spiegato Sheppard, “siamo stati in grado identificare correttamente il 93 per cento dei casi di ipertensione. Un risultato nettamente migliore di quello ottenibile seguendo le linee guida diagnostiche del Nice (National institute for health and care excellence) che si ferma al 78 per cento delle diagnosi corrette. Migliorare il rilevamento di una condizione così sfuggente come l’ipertensione arteriosa potrà portare a sensibili vantaggi in termini di costi economici e sociali, grazie alla prevenzione di patologie coronariche e dell’ictus”.

Riferimenti: Hypertension

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