Dai e ti sarà dato

Proprio così: offri il tuo aiuto e prima o poi qualcuno, non necessariamente colui al quale lo hai offerto, te lo restituirà. Non è la rivisitazione laica del famoso e pio insegnamento evangelico, ma la conclusione pubblicata sull’ultimo numero di Nature a cui sono arrivati Martin A. Nowak e Karl Sigmund, zoologo inglese il primo e matematico austriaco il secondo, studiando i meccanismi del comportamento altruistico tra individui di una stessa specie.

L’azione altruistica ha in biologia un significato adattativo. In questa chiave, favorire un estraneo non è un atto di bontà o di eroismo, ma un comportamento che conferisce un vantaggio non solo a chi ne trae diretto beneficio ma anche a chi lo pratica. Vantaggio che, in termini evoluzionistici, consiste nell’aumentare la presenza dei propri geni nella popolazione producendo prole più numerosa, o favorendo chi condivide lo stesso patrimonio genetico (gemelli, fratelli, parenti in genere).

Le teorie classiche sulla cooperazione (che non riguardano solo gli esseri umani ma anche altre specie animali) si basano in genere sulla selezione di parentela (kin selection): si è altruisti con chi appartiene alla propria famiglia perché con lui, o con lei, si hanno geni in comune. Quindi, aiutando i propri parenti, si assicura la presenza dei propri stessi geni nel “pool genico” della popolazione. Altre teorie sul valore adattativo del comportamento altruistico si basano sulla selezione di gruppo (group selection) e sull’altruismo reciproco.

L’idea di altruismo reciproco implica il concetto di reciprocità diretta: A aiuta B e B aiuterà A. Naturalmente, perché questa teoria funzioni, deve essere necessario un secondo incontro tra A e B che permetterà di saldare i conti, per usare un espressione decisamente umana. A questo punto, due ricercatori propongono una nuova teoria: la reciprocità “indiretta” basata sull’immagine. Utilizzando sofisticati modelli elaborati al computer, e ispirandosi alla teoria dei giochi, Nowak e Sigmund hanno notato che anche se A, il donatore, ha scarse probabilità di incontrare di nuovo il ricevente B (e quindi scarse speranze di recuperare direttamente quanto ha dato), offre comunque a B il suo appoggio. Con una condizione: che il suo atto altruistico gli conferisca un punteggio, una immagine positiva per così dire, e che questo punteggio sia bene evidente a tutti i membri della popolazione.

In sostanza, i due scienziati hanno inserito il valore “immagine” (che nel modello corrisponde a un numero più o meno elevato) come elemento discriminante. A un valore maggiore corrisponde una migliore immagine, e il numero aumenta all’aumentare delle azioni altruistiche che un individuo compie. Più alto è il punteggio raggiunto, maggiore sarà la probabilità di essere aiutato a propria volta, mentre un valore pari a zero riduce di molto la speranza di essere favorito. Naturalmente, perché questo accada, il punteggio deve essere evidente a tutti i membri della comunità. In definitiva, si coopera con chi ha già aiutato qualcuno, con chi si è conquistato un’immagine positiva: questa si rivela così un elemento evoluzionisticamente vantaggioso, poiché si traduce in probabilità di diventare a propria volta “ricevente”, ovvero oggetto di azioni cooperative. In termini matematici, gli autori della ricerca dimostrano inoltre che la probabilità che l’immagine positiva del ricevente sia riconosciuta deve essere maggiore del rapporto costo-beneficio dell’azione altruistica: un’immagine non vista non paga.

Ora, spostando questo concetto dalla matematica e dai computer alla società umana si potrebbe dire che un comportamento cooperativo paga perché conferisce a chi lo mette in pratica un’immagine di valore. La persona A diventa agli occhi di tutti un membro autorevole. E questo fatto, a sua volta, è un’assicurazione di vantaggio, perché non solo e non tanto B, cioè il ricevente, gli restituirà il favore ricevuto ma lo farà C, D, E o chiunque altro. Non immediatamente forse, ma qualcuno, comunque, prima o poi lo farà.

Ma come si fa, nella pratica, a valutare chi abbiamo di fronte? Ritornando al modello: come facciamo a conoscere il suo punteggio? Nelle società umane il linguaggio gioca in questo un ruolo essenziale. La comunicazione verbale è fondamentale per divulgare il valore o il disvalore di qualcuno. E perché no, anche il pettegolezzo, la cui velocità, oltretutto, è proverbiale.

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