Dalla Cambogia al grande schermo

In cento anni gli esseri umani hanno sterminato migliaia di tigri: dei 100 mila esemplari degli inizi del XX° secolo siamo arrivati a contarne oggi solo 5 o 6000. Tre sottospecie su otto, la tigre di Bali, la tigre di Giava e la tigre del Caspio, si sono estinte. Per evitare la stessa fine alle cinque sottospecie che sopravvivono il Wwf si impegna da anni nelle aree in cui la tigre è ancora presente. E ora rilancia la campagna di raccolta fondi per la protezione di questa specie a rischio di estinzione con due testimonial d’eccezione: Kumal e Sangha, le tigri protagoniste del film “Due fratelli”, l’ultima opera del regista francese Jean Jeacques Annaud (già firma de “Il nome della rosa”, “L’orso”, “Sette anni in Tibet”…) in sala dal 1° ottobre. Sullo sfondo dei resti archeologici di Angkor, nelle foreste della Cambogia, Annaud orchestra la storia di questi due cuccioli di tigre, nati liberi nella giungla e finiti in cattività per mano degli uomini. Il film è ambientato intorno al 1920, in un periodo storico in cui la caccia al felino è stata particolarmente accanita. È proprio a causa di un cacciatore, nei panni di Guy Pearce, finito nella foresta per saccheggiarne i resti di statue e templi antichi, che le vite dei due tigrotti prendono strade differenti. Kumal finisce in un circo, mentre Sangha viene addestrata per i combattimenti, ma si rincontreranno da adulte, in un’arena in cui dovrebbero combattere l’una contro l’altra. Come dichiara Fulco Pratesi, presidente del Wwf Italia, “le immagini spettacolari, le splendide ambientazioni e la poesia del racconto, rendono il film uno strumento formidabile per far comprendere al grande pubblico l’importanza della tutela di una specie ormai rarissima”. Un tempo le tigri erano diffuse dalla Turchia fino alle coste russe e cinesi e in tutto il sud est asiatico fino alle isole di Sumatra, Giava e Bali. Oggi sono scomparse dall’Asia Occidentale e dalle isole (a eccezione di Sumatra, dove ancora resistono), mentre nella Cina meridionale la tigre della Manciuria è a un passo dall’estinzione: ne sono rimasti dai 30 agli 80 esemplari. Questo il risultato di anni di bracconaggio indiscriminato, lecito in nome della pericolosità delle tigri per le popolazioni locali e il loro bestiame. Un pretesto che emerge anche nel film di Annaud e che ha reso la caccia alla tigre il passatempo preferito delle élite indiane fino al 1930. A partire dagli anni Quaranta è stata la politica economica a dare una spinta notevole verso l’estinzione delle tigri: la crescente deforestazione e la conversione delle aree forestali in piantagioni ha privato i signori della foresta del loro habitat naturale, relegandoli in aree sempre più ristrette. Diverse migliaia sono le tigri uccise in Cina durante la Rivoluzione Culturale, in nome del progresso e dello sviluppo. Come se non bastasse, a minacciare le tigri si aggiunge il commercio illegale di ossa e altre parti del corpo, impiegate nella medicina tradizionale orientale per le loro presunte proprietà medicamentose. Il Wwf ha lanciato la sua prima campagna in difesa della tigre nel 1973. Da allora, in collaborazione con altre associazioni come la Wildlife Conservation Society, si occupa della formazione di forze di polizia antibracconaggio, del monitoraggio degli esemplari di tigre, dello sviluppo di nuove aree protette, del coinvolgimento delle popolazioni locali in attività di ecoturismo. Con lo sviluppo del suo nuovo programma il Wwf continua a battersi in questa direzione, nell’ambizioso obiettivo di salvare la specie.

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