Dalle lucciole un nuovo modo di fare diagnosi medica

Non solo rendono magiche certe serate estive in campagna, ma ora accendono anche nuova luce sulla diagnosi medica. Sono le lucciole infatti ad avere ispirato un gruppo di ricercatori dell’École polytechnique fédérale de Lausanne (Epfl) nella ricerca pubblicata su Nature Communications. Gli scienziati hanno modificato la luciferasi, l’enzima responsabile della produzione di luce in questi insetti, per rivelare determinate molecole bersaglio, come quelle presenti sulle cellule tumorali. Si apre così la strada per il futuro a una nuova diagnosi medica, più semplice, economica e ugualmente accurata.

Il metodo, escogitato dal gruppo di Kai Johnsson, è semplice e ingegnoso allo stesso tempo. Sostanzialmente prevede l’uso di una sorta di etichetta, cioè una proteina chimicamente modificabile che funziona da interruttore della luciferasi: la spegne quando ne è legata e la accende quando se ne stacca invece per legarsi a un bersaglio molecolare prestabilito, rivelando così la presenza di quest’ultimo.

La luce emessa è abbastanza intensa da essere visibile a occhio nudo e questo elimina la necessità di fare misure complicate con apparecchiature costose. Inoltre la luciferasi può essere combinata con diverse etichette in grado di legarsi a diverse molecole bersaglio rendendo il metodo altamente flessibile. Ad esempio si può applicare alla microscopia dove sono necessari agenti di contrasto per rivelare particolari processi biochimici, oppure a esami del sangue in cui si possono di volta in volta analizzare diverse componenti, fino alla chirurgia, in cui le molecole bersaglio possono essere i recettori posti sulla membrana di una cellula tumorale.”La luciferasi così modificata può essere pensata come una molecola cyborg, in parte naturale in parte sintetica” ha affermato Johnsson: “Con un trucco della chimica, dobbiamo solo preoccuparci di disegnare l’etichetta adatta alla proteina che vogliamo cercare”.

La ricerca è anche il focus della startup Lucentix dei ricercatori autori dello studio Rudolf Griss e dell’italiano Alberto Schena che dichiara: “Prevediamo di arrivare con un prodotto commercializzabile nel 2018 dopo le necessarie validazioni cliniche e l’approvazione dell’Unione Europea”.

Riferimenti: Nature Communications doi:10.1038/ncomms8830

Credits immagine: Quit007 via Wikipedia

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