Dall’etere ai quanti

Francoise Balibar
Einstein 1905 – Dall’etere ai quanti
Traduzione italiana di Luisa Bonolis
Prefazione di Carlo Bernardini
Edizioni Kami, 2005
pp. 160, euro 12,00

Cento anni sono trascorsi dall’avvento della relatività ristretta e il pubblico dei cultori è passato, dall’incredulità e scetticismo iniziali, a un tale livello di fiducia nella teoria einsteiniana da accettarla quasi come una verità dogmatica: chi oserebbe negare ormai che il tempo non è assoluto, oppure che la valutazione di una distanza dipende dalla velocità con cui l’osservatore si muove? Di questi effetti ‘magici’ non mancano oggi ampie prove sperimentali, ma se anche così non fosse l’uomo comune trova più facile credere alle cose inverosimili che non ai ragionamenti della sua mente. Ecco allora che un’analisi di come Einstein abbia imboccato la strada della relatività e di come sia giunto alle sue meravigliose conclusioni costituisce un argomento di grande interesse per i profani (ma anche per un fisico). Bene ha fatto dunque Balibar a scrivere questo agile libretto e Bonolis a fornircene una traduzione e a proporci una sua illuminante postfazione. Tanto più che l’approccio di Balibar, benché logico, è abbastanza particolare, giacché il ruolo del protagonista è affidato alla luce, alla sua natura e trasformazioni, con il problema a essa indissolubilmente legato delle azioni a distanza, o forze che agiscono tra corpi in assenza di contatto.Il mistero della luce fu sempre nel cuore dei grandi scienziati, a cominciare da Galileo, Newton, Huygens, Fresnel, Young. Tutti furono consci che la luce aveva in sé un potenziale conoscitivo enorme, e sarebbero compiaciuti di scoprire, ove tornassero fra noi, che essa si sia rivelata la chiave di volta dell’intero edificio einsteiniano. È significativo rammentare che a Einstein il Nobel fu assegnato non per la relatività, bensì per la spiegazione dell’effetto fotoelettrico, che richiese – primo dei tre importanti lavori del 1905 – l’introduzione del concetto di quanto di luce, o fotone, o “grano indivisibile” di energia elettromagnetica. Concetto sul quale Einstein fu indirizzato non solo dalle remote premonizioni di Newton, ma anche da quelle recenti di Ernst Planck, il teorico dell’incandescenza.Libro di grande chiarezza e leggibilità, intelligentemente corredato di brani originali dei grandi fisici cui Einstein si ispirò. Brani di alta qualità, la cui lettura ci innalza agli altipiani della mente. Da essi si ricostruisce il graduale sviluppo della comprensione del fenomeno luminoso: dalla questione se la luce sia onda o corpuscolo, già dibattuta dai fisici del Settecento e sopra tutti da Newton (il quale intuì parecchio della sua duplice natura, al contrario di quanto si tende a credere), all’idea fantascientifica dell’etere luminifero, curiosamente presa sul serio dalla maggioranza dei fisici dell’Ottocento, ai potenti e fascinosi concetti di campo e di linee di forza, partoriti dal genio empirico di Faraday, alle risolutive equazioni di propagazione di Maxwell, alle trasformazioni di Lorentz, che Einstein considerò un ‘atto liberatorio’ nei confronti degli ostacoli del passato. Esegesi della luce, dunque, nelle vive parole e attraverso i dubbi degli stessi operatori del campo. Non è il caso qui di entrare nella problematica che Einstein si trovò a fronteggiare a questo punto della storia. Il libro ne dà una visione chiara e istruttiva. Né dirò delle risposte, a cominciare dalla totale liquidazione dell’etere, in quanto sono nozioni entrate ormai nel bagaglio culturale dei più. Ma desidero ricordare qualcosa che nel libro non ho trovato, e cioè il ruolo di Galileo. Oltre ad affermare per primo che la velocità della luce non è infinita, Galileo espresse la sua convinzione della sostanziale identità tra luce e materia.

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