Danni perenni

Le perdite di greggio in mare provocano gravi danni all’ambiente che si perpetuano nel tempo creando problemi all’ecosistema marino. Per quanto possa sembrare scontatato, è ciò che ha affermato Charles H. Peterson, professore di scienze marine dell’ Università dalla North Carolina, dopo un attento studio sulle conseguenze ambientali, a seguito del disastro petrolifero avvenuto 15 anni fa in Alaska. La ricerca è stata pubblicata su Science. Una parte del petrolio che si disperse in mare dopo il disastro, si depositò nel piano mesolitorale, compreso tra i livelli di alta e bassa marea, conservandosi nel tempo e producendo effetti devastanti all’ambiente. Nei primi mesi successivi vennero registrate numerose perdite di uccelli marini (circa 250mila) e migliaia di altri organismi compresi mammiferi. Anche a distanza di anni gli effetti negativi continuano a manifestarsi. Basse concentrazioni di idrocarburi aromatici creano gravi problemi durante la riproduzione e la crescita degli animali. Ancora oggi, per esempio, esiste un’elevata mortalità tra le uova di salmone e tra alcune specie come l’anatra arlecchino. Non solo, ma anche molte balene, che si nutrono di invertebrati contaminati dal greggio, muoiono. “Questi risultati”. conclude Peterson, “portano a una completa riconsiderazione dei parametri stabiliti dall’ecotossicologia riguardo i rischi ambientali”. (m.z.)

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