Survival of the Fittest: Dawkins contro Gould

Negli scaffali delle librerie, nella sezione scienze biologiche, due autori sono ormai da anni ospiti fissi: Richard Dawkins e Stephen J. Gould. Genetista uno, paleontologo l’altro, entrambi con il dono della scrittura, dagli anni Settanta sono i principali protagonisti del dibattito contemporaneo sulla teoria dell’evoluzione. Da un lato, Dawkins da Oxford, autore de “Il Gene Egoista” e “L’orologiaio cieco” che individua nel gene l’unità fondamentale dell’evoluzione, e legge la storia della vita sulla Terra come l’esclusivo risultato della selezione naturale. Di fronte a lui, Gould da Harvard, autore di best seller dal titolo fantasioso (“Bravo Brontosauro”, “Il pollice del Panda”, “La vita meravigliosa”), che pensa che la selezione naturale e graduale sugli organismi (e sui loro geni) sia solo uno dei processi che hanno dato forma al corso della vita, e che notevole parte vi abbiano avuto contingenze quali le estinzioni di massa, o il “congelamento” di strutture organiche che hanno limitato le successive linee di sviluppo.

Questa contesa ha raggiunto momenti molto aspri (in particolare nelle recensioni avverse che nel 1997 entrambi pubblicarono sulla rivista “Evolution”, vol.51), e coinvolge altri autori, non solo biologi (soprattutto filosofi: Daniel Dennett per esempio), che ripropongono in essa lo scontro tra possenti idee della storia, l’una legata a processi lenti, ripetitivi, meccanici, e inesorabili (Dawkins), l’altra al caso, alla storia contingente, all’imprevedibilità. Il volume di Kim Sterelny (professore di filosofia in Australia e Nuova Zelanda) è un resoconto esauriente delle posizioni dei due contendenti, scritto molto bene, semplice ma non banalizzante. L’autore prende per mano il lettore e lo porta all’interno delle due diverse immagini della storia della vita che Gould e Dawkins hanno in mente. Con precisione, e basandosi anche su riferimenti bibliografici aggiornatissimi, delinea le principali ragioni dello scontro, ma anche i possibili punti di incontro dei due. È infatti vero che dalle origini della controversia ormai più che ventennale (“Il gene egoista” è del 1976; il saggio di Gould e Lewontin, rivolto contro gli “adattazionisti”, è del 1979), le distanze si sono accorciate: concetti quali la selezione di specie e l’esistenza di vincoli strutturali nell’evoluzione sono stati presi maggiormente in considerazione nella ricerca biologica, mentre la portata innovativa della teoria degli Equilibri Punteggiati (originariamente proposta da Gould e Eldredge nel 1972) è stata progressivamente ridimensionata. Permangono però le differenze sulla lettura “contingente” della storia della vita proposta da Gould e rifiutata da Dawkins.

Giustamente, in questo libro (Dawkins vs. Gould. Survival of the Fittest, Icon Books, Cambridge, UK, 2001, pp.156, 5.99 sterline)  il “filosofo” Kim Sterelny non limita però l’analisi alle questioni strettamente “scientifiche”, ma estende il confronto a come “Il mondo di Dawkins” e “La visione da Harvard” (i titoli delle due sezioni del libro) tratteggino anche due diversi modi di intendere la scienza. Dawkins rappresenta lo scienziato classico, per il quale la scienza è fedele alla realtà, ne dà una descrizione precisa ed è immune da influenze esterne. Mentre Gould, nelle decine di saggi di argomento storico nelle pagine di “Natural History” (poi raccolte nei volumi che lo hanno reso famoso al grande pubblico) e soprattutto in “Intelligenza e pregiudizio”, vuole dimostrare, spesso in modo molto convincente, che la scienza risente pesantemente dei pregiudizi degli scienziati stessi. Sterelny rende quindi molto bene il dibattito contemporaneo sulle diverse questioni, non rinunciando però a dare la sua opinione su alcune questioni cruciali. Concludono l’agile ed economico volume un glossario e un’utilissima e aggiornata sezione di letture consigliate, non limitata ai “classici” del settore, che fanno di questo volume un’ottima introduzione per non addetti ai lavori.

1 commento

  1. Se riuscissimo a pensare solo un momento con la nostra testa, guardando come si è evoluto il genere umano, come potremmo essere convinti che questa situazione è il frutto di un progetto divino?
    A meno che il Dio, da così tanti evocato, non sia un frequentatore abituale di bettole celesti o internato in qualche manicomio intergalattico.

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