Depressione da inquinamento

Problemi di memoria, disturbi dell’apprendimento e persino depressione. Sarebbero questi i principali effetti dell’inquinamento atmosferico sul nostro cervello, secondo una nuova ricerca apparsa su Molecular Psychiatry. Lo studio, coordinato da Laura Fonken della Ohio State University, è fra i primi a indagare i cambiamenti a lungo termine indotti dall’inquinamento sulla fisiologia cerebrale, e i suoi risultati gettano una nuova ombra sui danni alla salute prodotti dall’inquinamento atmosferico. Che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno uccide già circa 2 milioni di persone.

Ora i ricercatori statunitensi hanno osservato, su topi da laboratorio, che una prolungata esposizione agli inquinanti atmosferici può alterare in maniera significativa la forma dei neuroni nella regione dell’ippocampo. Come? Per esempio riducendo la lunghezza dei dendriti (i prolungamenti dei neuroni che formano le sinapsi) e il numero delle loro ramificazioni, ovvero dei principali cavi di trasmissione fra le cellule cerebrali. Questi cambiamenti non sarebbero privi di conseguenze: si rispecchierebbero in disturbi del comportamento, che i ricercatori hanno osservato direttemente nelle cavie. Dopo un’esposizione di 10 mesi all’aria inquinata, Fonken e colleghi hanno infatti riscontrato problemi di memoria nei topi, e persino comportamenti caratteristici della depressione.

Questo nuovo studio fa parte di un ampio programma di ricerca sui danni provocati dall’inquinamento. Per esempio dal particolato fine emesso dai tubi di scarico delle automobili, che è composto da particelle grandi pochi micrometri e può facilmente raggiungere i polmoni e altri organi interni. Gli stessi ricercatori americani avevano già dimostrato che queste particelle causano infiammazioni in tutto l’organismo e possono essere legate a ipertensione, diabete e obesità. Uno studio italiano aveva invece dimostrato, nel 2009, che l’esposizione ad alcune polveri sottili può causare mutazioni nel genoma nel giro di tre soli giorni (vedi Galileo, Quelle polveri che modificano il Dna).

Fonte: Ohio Sttate University

Riferimento: doi:10.1038/mp.2011.76

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