Diagnosi via smartphone

Da oggi, ciò che occorre per individuare un tumore potrebbe essere portato nel palmo di una mano. Come si legge in uno studio pubblicato su Science Translational Medicine, un gruppo di ricerca dell’Harvard Medical School (Usa) ha sperimentato una nuova tecnica che permette di diagnosticare alcuni tipi di cancro servendosi solo di un apparecchio in miniatura per la risonanza magnetica nucleare, e di uno smartphone.

Le cellule tumorali hanno un profilo biochimico differente da quelle sane. Per esempio, sono ricche di proteine che normalmente sarebbero poco o per nulla espresse. Una delle tecniche più diffuse per la diagnosi dei tumori, l’immunoistochimica, si basa proprio sul riconoscimento di queste proteine per scovare le cellule tumorali. Ma per eseguirla bisogna prelevare, tramite biopsia o intervento chirurgico, delle porzioni di tessuto relativamente grandi. Uno dei principali vantaggi della nuova tecnica sarebbe, invece, la possibilità di individuare il tumore prelevando campioni cellulari piccolissimi, risparmiando così al paziente interventi troppo traumatici.

Nel nuovo apparecchio, grande pochi centimetri, alcune nanoparticelle magnetiche vengono ricoperte con anticorpi che legano esclusivamente le proteine espresse nelle cellule tumorali. In questo modo, quando si applica un campo magnetico esterno, un sensore riesce a riconoscere le cellule cancerogene perché “magnetizzate”. Il dispositivo, poi, comunica con uno smartphone e i dottori visualizzano i risultati dell’analisi sullo schermo di un telefonino.

Per testarne l’efficacia, la nuova tecnica è stato sperimentata su 50 pazienti sottoposti a biopsia per sospetto tumore. Una piccola porzione del tessuto prelevato è stata analizzata col nuovo apparecchio, che è andato alla ricerca di nove proteine tumorali. Dopo solo un’ora, sono stati rilevati 44 casi di tumore maligno, risultato confermato dall’analisi immunoistochimica. In più, riducendo i marcatori tumorali a quattro, l’accuratezza della diagnosi rimaneva comunque del 96 per cento, contro l’84 per cento delle tradizionali tecniche immunoistochimiche.

Riferimenti:DOI: 10.1126/scitranslmed.3002048

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