Due stelle di neutroni si avvicinano, spiraleggiano (cioè si attraggono) fino a che non possono più resistere alla forza di gravità che le attrae e le fa collidere violentemente. Si forma così una stella di neutroni ipermassiva (Hmns) che collassa su se stessa dando luogo a un buco nero roteante circondato da un toro di materia ad altissime densità e temperatura che ruota a sua volta velocissimo mentre viene, lentamente ma inesorabilmente, risucchiato.
È la prima volta che si ottiene l’esatta descrizione di cosa avviene quando due stelle di neutroni con la stessa massa si scontrano in condizione di relatività generale. I software sviluppati utilizzano infatti tutte equazioni della teoria di Einstein, fornendo il più completo ed accurato calcolo dello spiraleggiamento e della collisione, oltre ad importanti informazioni sulle onde gravitazionali e sull’emissione dei raggi gamma (gamma-ray bursts).
Lo studio, pubblicato su Physical Review D, è stato condotto da Luca Baiotti dell’Università di Tokyo e da Bruno Giacomazzo e Luciano Rezzolla, a capo del gruppo di Relatività numerica dell’Albert Einstein Institute (Aei, Max Planck Istitute), che avevano cominciato a lavorare alla simulazione durante il loro dottorato presso la Scuola superiore di studi avanzati (Sissa) di Trieste.
I calcoli hanno richiesto l’uso dei supercomputer Belladonna e Damiana dell’Aei e hanno dimostrano, per la prima volta, che lo scenario “immaginato” dagli astronomi per la collisione di due stelle di neutroni ben rappresenta ciò che avviene nella realtà. Le simulazioni mostrano anche che il toro di materia intorno al buco resta stabile per diversi periodi orbitali. Caratteristica che, insieme all’alta temperatura e alla densità, permette l’emissione di coppie di neutrini e anti-neutrini che, annichilandosi reciprocamente, genererebbero i raggi gamma. La fase finale di spiraleggiamento, collisione, collasso e formazione del buco nero è estremamente veloce e violenta, tanto da rilasciare in meno di un secondo una quantità di energia pari a quella emessa dal Sole in dieci miliardi di anni.
Al momento, gli osservatori in grado di captare le onde gravitazionali sono il Geo in Germania, il Virgo vicino Pisa o i Ligo negli Stati Uniti. Con le nuove generazioni di rivelatori, programmate per il prossimo decennio, sarà possibile estendere il raggio di osservazione a distanze di circa un miliardo di anni luce. (ga.c.)