Dipendenza da robot

L’automazione e l’informatica stanno entrando prepotentemente in molti campi della medicina. Aprendo grandi possibilità per la cura, la diagnosi e l’assistenza, ma sollecitando anche una riflessione etica che finora è stata poco frequentata. Di questo si è parlato a Genova, all’incontro “Roboetica: il rapporto uomo-robot in Medicina”, svoltosi il 4 maggio a Palazzo Ducale. A riassumere i temi dell’incontro è Gianmarco Veruggio: ingegnere, fondatore e responsabile del Reparto Robotica del Cnr-Ian e sostenitore, in diversi incontri e pubblicazioni, della necessità di una ampia riflessione sulla “roboetica”, l’etica della robotica. Dottor Veruggio, in che modo medicina e robotica si stanno incontrando? “Al momento si possono individuare tre filoni principali. Uno è quello della chirurgia e della diagnostica, dove abbiamo ormai un grande uso di robot fissi, che operano in ambienti confinati, tutto sommato simili a quelli delle catene di montaggio. Supportano l’essere umano in compiti di alta precisione e molto ripetitivi, per esempio quegli interventi di microchirurgia in cui il tremito naturale della mano del chirurgo diventa un problema. Poi c’è il settore che possiamo chiamare della “biorobotica”, che include tutto quanto ha a che fare con la sostituzione di parti del corpo con parti artificiali, siano organi interni o arti. Il terzo settore, in grande sviluppo, è quello dell’assistenza. In Giappone sono già molto diffusi robot “badanti “ che si occupano di assistenza agli anziani, disabili o malati cronici. Portano medicine, fanno monitoraggio delle funzioni vitali, piccoli servizi spostandosi per casa al posto di chi non può farlo”. Questa diffusione però non è stata preceduta da una vera riflessione etica.“Questo di per sé è normale, l’etica si costruisce sempre giorno per giorno in risposta a problemi concreti, non è preventiva. Però ora i problemi iniziano a essere visibili, tanto è vero che i medici sono molto interessati a questa riflessione, perché percepiscono il cambiamento. La robotica chirurgica, per esempio, fa sì che il rapporto con il paziente sia mediato da una macchina e non più diretto. Abbiamo a che fare con una macchina che fornisce informazioni critiche e che prende decisioni, e questo pone problemi etici che diventeranno presto anche problemi legali. Perché alla fine il punto è, se c’è un errore, di chi è la colpa?”Un cambiamento non facile da accettare anche per i pazienti…“In realtà l’atteggiamento dei pazienti è spesso di eccessiva fiducia verso la tecnologia. Diversi amici chirurghi mi raccontavano di loro pazienti che hanno chiesto esplicitamente, potendo scegliere, di essere operati da robot. Eppure per queste macchine mancano ancora, in molti casi, standard di certificazione e sperimentazione condivisi. Ma i problemi etici diventano ancora più stravaganti quando iniziamo a impiantare organi e arti artificiali in un essere umano. Fino a che punto possiamo dire che rimane sempre la stessa persona? Ma forse i problemi etici maggiori si porranno rispetto ai robot costruiti per assistere gli esseri umani”. I robot “badanti” di cui parlava prima?“Già. Oramai sappiamo già che la tecnologia può creare dipendenza psicologica, come succede con i telefonini, con Internet, con i videogiochi. Oppure i casi di bambini suicidatisi perché era morto il loro Tamagochi. Pare follia, ma è successo davvero. Pensiamo cosa succederà con macchine umanoidi, sofisticate, rese simpatiche e attraenti dai loro designer. Capaci di soddisfare bisogni primari di una persona malata e di rispondere a nostre domande, magari perché dotate di una connessione wireless grazie alla quale possono cercare informazioni. Robot di questo tipo potrebbero facilmente creare dipendenza. E finché si tratta di dipendenza individuale il problema è relativo, ma potrebbe diventare una vera dipendenza sociale. Che potrebbe anche essere manipolata dai produttori”. Che fare dunque?“Personalmente non ho soluzioni, ma è il momento di iniziare a parlare. Ultimamente lo si è fatto in diversi convegni, e attualmente si sta valutando di istituire un comitato che studi questi problemi all’interno del World Academy of Biomedical Technology, un sottogruppo dell’Unesco che segue gli effetti del progresso in campo biomedico. È importante, se non altro, affrontare questi temi prima che diventino oggetto di distorsioni e speculazioni. Prima che arrivino sette o movimenti antitecnologici a forzare in un senso o nell’altro i problemi”.

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