Salute

Dolore in emofilia, serve una bussola per capire come affrontarlo

È compagno scomodo di chi convive con l’emofilia, ma spesso misconosciuto, nascosto, non comunicato. E non trattato. Per capire come affrontare il problema nasceva un anno fa il progetto Haemodol, dolore in emofilia, avviato da Sobi con il patrocinio di FedEmo (Federazione delle associazioni emofilici) e SIAARTI (Società italiana di anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva). Scopo: definire le linee guida per affrontare il dolore in emofilia, creando una nuova alleanza multidisciplinare tra esperti, in particolare ematologi e terapisti del dolore. E in autunno verrà pubblicato un documento con le raccomandazioni sulla terapia del dolore nei pazienti emofilici, hanno annunciato oggi gli esperti riuniti a Roma per fare il punto su questo aspetto sottovalutato della malattia. Si tratterà delle prime indicazioni in assoluto per gestire il dolore in emofilia elaborate secondo un approccio olistico e multidisciplinare. 

L’impatto sottovalutato

Parliamo di una malattia che impedisce la coagulazione del sangue, dovuta alla carenza dei fattori VIII e IX, rispettivamente nell’emofilia A (80%) e B (20%), che si manifesta principalmente con rischio emorragico in seguito a traumi e con emorragie spontanee a livello delle grandi articolazioni, che possono portare ad artropatie precoci. In Italia i pazienti che convivono con l’emofilia (forma A e B) sono circa 5000 e i dati raccolti nel 2017 da Omar (Osservatorio malattie rare) mostrano che per più della metà degli emofiliaci sopra i 25 anni la malattia ha un impatto sulla qualità di vita, e il 90% di questi indica le artropatie dolorose come limite principale.

Il dolore è sempre stato sottovalutato in questa patologia, sia perché il paziente non lo comunica, sia perché il medico non lo interroga in maniera adeguata”, ha spiegato Consalvo Mattia, terapista del dolore presso il dipartimento di biotecnologie e scienze medico chirurgiche di Roma Sapienza. Il paziente emofilico è talmente abituato a convivere con il dolore che sviluppa delle soglie di resistenza molto alte, fino a renderlo parte integrante della propria vita. Ma questo sintomo deve essere comunicato e riconosciuto, in quanto rappresenta un fondamentale campanello d’allarme e indicare che il paziente non segue una terapia preventiva adeguata. 

La somministrazione dei fattori di coagulazione mancanti è infatti la profilassi utilizzata per la prevenzione dei danni articolari, e deve avvenire con una cadenza regolare e frequente, anche più volte a settimana, ricordano gli esperti. Oggi sono disponibili anche i fattori a emivita prolungato, che rimangono in circolazione più a lungo e, oltre a ridurre la frequenza delle infusioni, hanno un effetto maggiore. Farmaci che aiutano la compliance, la partecipazione del paziente alla cura, una problematica che può essere presente soprattutto nella fase adolescenziale.

Il dolore in emofilia si può prevenire

Sottoponendosi alla profilassi prima che si manifestino le artropatie (profilassi primarie) il dolore può essere totalmente prevenuto, spiegano gli esperti. Laddove i danni siano invece già presenti, i trattamenti sono comunque indispensabili per il miglioramento del dolore e la prevenzione di danni ulteriori (in quelle tecnicamente note come profilassi secondarie o terziare nel caso in cui le artropatie siano già insorte).

Un tema di non facile gestione, quello del dolore come sintomo già conclamato nel paziente emofilico, spiega Cristina Santoro, ematologa del Policlinico Umberto I di Roma: “La questione è infatti molto delicata, perché è pericoloso somministrare gli antiinfiammatori classici (fans, farmaci antiinfiammatori non steroidei, nda) in quanto hanno come effetto collaterale il blocco della funzione delle piastrine che potrebbe peggiorare la patologia. Per questo”, va avanti Santoro, ” è fondamentale un documento che fornisca le linee guida per diverse le opzioni terapeutiche, come ad esempio i derivati oppioidi e gli inibitori della COX-2, antidolorifici alternativi, che possono essere utilizzati in diversi dosaggi e associazioni tra loro, a seconda del paziente e del momento terapeutico”.

Alice Matone

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