Una donna positiva al coronavirus a novembre 2019 potrebbe essere la paziente 1 italiana

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Immagine di MichaelGaida via Pixabay

La ricostruzione delle tappe e del percorso temporale e spaziale del coronavirus Sars-Cov-2 non si arresta. Oggi uno studio internazionale coordinato dall’università Statale di Milano ha rintracciato la possibile presenza del virus in una giovane paziente con sintomi cutanei nell’autunno 2019. La donna aveva soltanto una dermatite e il Sars-Cov-2 risulta presente nelle biopsie cutanee svolte a Milano a novembre 2019. Sarebbe dunque la nuova paziente 1 italiana dato che si tratterebbe del primo caso di coronavirus a oggi noto nel nostro paese Ma questo non implica che non ci siano altri casi ancora precedenti in altri paesi o anche in Italia. I risultati sono pubblicati sul British Journal of Dermatology.

Paziente 1, lo studio della Statale

A fronte della maggiore diffusione del virus in Lombardia e nel Nord rispetto ad altre zone i ricercatori di Milano stanno lavorando già da tempo alla ricerca di tracce del Sars-Cov-2 precedenti a quelle individuate nelle date ufficiali di inizio dell’epidemia e della pandemia. “Dopo aver studiato le manifestazioni cutanee in pazienti affetti da Covid-19 dell’area milanese”, racconta il coordinatore dello studio Raffaele Gianotti, dermatopatologo dell’Università di Milano e della Fondazione Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, “ho riesaminato al microscopio le biopsie di malattie cutanee atipiche eseguite alla fine del 2019 in cui non era stato possibile effettuare una diagnosi ben precisa”.

Le prove più recenti indicavano come primo caso e paziente 1 nel nostro paese quello di un bambino di 4 anni ricoverato alla fine di novembre del 2019 con sintomi riconducibili al Covid-19, i cui campioni prelevati nel dicembre 2019 sono poi stati nuovamente testati e sono risultati positivi al nuovo coronavirus. La prova di oggi mette in luce un possibile caso di Covid-19, sempre a Milano, precedente a quello del piccolo di 4 anni.


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Prurito e arrossamento della pelle

I risultati del gruppo di Gianotti mettono in luce la possibile presenza del Sars-Cov-2 nei tessuti cutanei di una ragazza di 25 anni con una dermatosi caratterizzata da placche arrossate orticaria sugli arti. La paziente presentava i sintomi nel novembre 2019 ed era stata sottoposta a una biopsia cutanea. Interpellata di nuovo in occasione di questo studio, la donna ha riferito di non aver avuto altri sintomi da attribuire al Covid e che le lesioni sono scomparse dopo 5 mesi. I risultati sono stati ottenuti con due tecniche di rilievo cutaneo del virus (immunoistochimica ed Rna-FISH) e poi comparati con quelli di altri pazienti con dermatosi ma senza diagnosi di coronavirus. Attualmente, dunque, risulta essere la paziente 1 italiana. Bisogna comunque ricordare che i risultati di questo test – come anche dei tamponi – riguardano per ora un caso e sono comunque da approfondire e confermare con altre prove, anche se forniscono i primi indizi della possibile presenza del virus già in quel periodo.


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Avere il coronavirus e manifestazioni cutanee non è così strano dato che sappiamo già che alcune di questi possono essere presenti anche in Covid, anche se non rientrano fra i sintomi più diffusi. “Nei nostri lavori già pubblicati su riviste internazionali”, ha spiegato Gianotti, “abbiamo dimostrato che esistono, in questa pandemia, casi in cui l’unico segno di infezione da Covid-19 è quello di una patologia cutanea”.

Il caso precedente e la richiesta della Cina

Le ultime prove indicavano come primo caso nel nostro paese quello di un bambino di 4 anni ricoverato alla fine di novembre del 2019, con sintomi riconducibili al Covid-19, i cui campioni sono poi stati nuovamente testati e risultati positivi al nuovo coronavirus. Lo studio era comunque da approfondire, anche se più solido di un’altra ricerca condotta dall’Istituto nazionale tumori di Milano, in collaborazione con la Statale, che aveva indicato la potenziale presenza del coronavirus nella città già a settembre 2019 – in quel caso i dubbi nascevano dal fatto che erano stati individuati anticorpi contro il virus (e non l’rna virale), che in certe circostanze possono anche essere associati anche ad altri coronavirus.

Ma le prove relative al bambino di 4 anni con Covid hanno risvegliato l’interesse delle autorità cinesi. La Cina, infatti ha subito chiesto all’Organizzazione mondiale della sanità che l’area in cui è stato rintracciato il caso sia inserita nell’indagine sulle prime origini del virus – tema centrale della scienza del 2021. In ogni caso ricordiamo che alcuni studi indicano la circolazione del virus già alcuni mesi (3 o 4) prima del riconoscimento ufficiale e che la presenza di un caso che potrebbe essere il paziente 1 italiano non implica che non ci siano altri casi precedenti in altri paesi o in Italia.

Via Wired.it