E il deserto avanza

    Una minaccia globale che parte dal basso, o meglio da terra. E che rischia di produrre degrado ambientale, impoverimento delle risorse, povertà e immigrazione. La desertificazione causata dai cambiamenti climatici non distingue tra regioni aride, semi aride e sub umide secche e riguarda ormai tutti i continenti. Le cifre dell’emergenza fornite dalle Nazioni Unite in occasione della Giornata mondiale della lotta alla desertificazione, celebrata il 17 giugno al motto di “Desertificazione e cambiamenti climatici, una sfida globale”, parlano chiaro. Un milione di persone ogni anno migrano forzatamente dalla propria terra a causa dell’aumento della desertificazione e la cifra è destinata a salire. Tanto che, secondo l’Unccd, la Convenzione Onu sulla desertificazione ratificata da circa 200 paesi, da qui al 2020 un numero pari a 60 milioni di persone potrebbe spostarsi dalle zone desertificate dell’Africa Sub-sahariana verso il nord Africa e l’Europa.

    Un quarto della superficie terrestre è a rischio desertificazione e già oggi l’inaridimento riguarda  circa il 47 per cento delle terre emerse, caratterizzate da carenza di piogge e da alte temperature. La regione più interessata è l’Africa, con il 73 per cento delle terre coltivate che subiscono degrado e desertificazione, ma altre aree in Asia, America Latina e nord del Mediterraneo sono degradate o minacciate. Neanche alcune zone di paesi sviluppati, come Stati Uniti e Russia, sfuggono all’avanzata del deserto. E l’Italia? Attualmente il 5,5 per cento del territorio è sensibile alla desertificazione, pari a cinque regioni: Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Oltre a queste, si prevede che anche la Pianura Padana nei prossimi 30 anni subirà un impatto economico dalla desertificazione di 20/22 miliardi di euro, con una riduzione del pil del 20 per cento, mentre la perdita nei prossimi 50 anni per il turismo sarebbe di circa 30 miliardi di euro a causa della possibile scomparsa di migliaia di km di coste. Secondo i calcoli del progetto Desertification Information System for the Mediterranean (Dismed) che ha stimato la sensibilità media al rischio desertificazione, in Italia circa il 30 per cento del territorio è predisposto a questo pericolo, poco più  del Portogallo (28,8 per cento), ma inferiore a Grecia (36,8) e Spagna (48,29).

    Il primo passo per arginare il problema, dicono all’Unccd, è mettere a punto un “protocollo contro la sete”, con l’intento di fornire a ogni essere umano almeno 45 litri di acqua, risparmiare e valorizzare l’oro blu. Anche perché è in ballo l’economia dei paesi, denuncia la Coldiretti, preoccupata per i mancati guadagni derivanti dall’agricoltura in Italia. Il cambiamento climatico sta già facendo sentire i suoi effetti nelle campagne: spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l’olivo, che è arrivato a ridosso delle Alpi e le prime arachidi raccolte nella pianura padana, riduzione della riserva idrica, aumento dell’erosione in zone collinari e alluvioni in pianura, germogliamento anticipato per le piante coltivate, rischio per gelate tardive, aumento dell’incidenza di infezioni fungine e dello sviluppo di insetti e stress idrico delle piante.

    L’allarme è alto insomma, e non molto diverso da quello riportato da Galileo dieci anni fa, quando denunciava il rischio di desertificazione dovuta ai cambiamenti climatici e raccontava della prima Conferenza dell’Unccd a Roma (Il deserto dietro l’angolo). Anche i primi allarmi per il degrado del suolo italiano risalgono a quel periodo, con le stesse regioni riportate come le più vulnerabili (Deserto Italia?) e con al centro del pericolo soprattutto l’Africa e la perdita delle sue capacità produttive. Tanto da spingere 150 esperti riuniti al Centro di cultura scientifica “Ettore Majorana” di Erice, a lanciare un appello rivolto ai governi per la promozione di una maggiore “coscienza del suolo” (Un appello per il suolo).

    Ma la desertificazione è stata trattata anche con un occhio alle possibili soluzioni. In un articolo a firma di Pietro Laureano, consulente Unesco per le zone aride, si ripercorrono le prime strutture per la raccolta dell’acqua messe a punto all’alba dell’umanità fino ad arrivare alle tecniche di irrigazione più sostenibili (La tradizione contro la siccità). E’ proprio su queste che ha puntato l’Unione europea (Ue) che ha indicato alle regioni 40 azioni di sviluppo rurale e di buona gestione del territorio per contrastare la desertificazione (La Ue promuove l’agricoltura verde).

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