La vita di Ebb e Flow (in italiano Flussi e Riflussi), le due sonde gemelle della missione Grail, grazie alle quali la Nasa è riuscita a produrre la mappa gravitazionale della Luna più dettagliata finora mai vista, è arrivata al suo epilogo. Le sonde si schianteranno oggi sulla superficie del nostro satellite, su un cratere senza nome, nei dintorni del suo polo Nord: due piccoli lampi bianchi nella notte, a distanza di 30 secondi l’uno dall’altro, poi più nulla.
Finora, le sonde hanno compiuto egregiamente il proprio lavoro: è proprio per questo che l’équipe che le ha mandate in orbita non riesce a rassegnarsi allo schianto imminente: “Spero ancora che una stazione di servizio si avvicini alle navicelle, le tiri su, le rifornisca di carburante e le renda autonome per altri sei mesi”, ha dichiarato il responsabile del progetto Grail, David Lehman: “La missione è quasi finita. È un momento abbastanza triste per noi. In ogni caso, la nostra squadra ha fatto un ottimo lavoro”.
Ripercorriamo brevemente la storia di Grail. Lanciate in orbita nel settembre 2011, le sonde hanno raggiunto l’orbita lunare a inizio 2012, e da allora si sono rincorse attorno al satellite, fotografando il suo campo gravitazionale e planando sulla sua superficie fino a un paio di chilometri di quota. La scorsa settimana, la Nasa ha mostrato al mondo la mappa gravitazionale della Luna, ottenuta grazie al lavoro di Grail, rivelando anche qualche sorpresa sulla natura della crosta lunare e sulla sua storia. A quanto pare, la composizione del suolo del nostro satellite sembra corroborare la teoria secondo la quale la sua nascita sarebbe dovuta a un grande impatto tra la Terra e un oggetto delle dimensioni di Marte. Le intrusioni di magma sotto la crosta, inoltre, suggeriscono che nelle prime fasi della sua vita, più di tre miliardi di anni fa, la Luna avesse un diametro maggiore di quello attuale di circa 9 chilometri.
Arriviamo così all’epilogo di oggi. Ebb e Flow si aggiungeranno alla lunga serie di relitti già presenti sulla superficie lunare. Come già avvenuto in passato, è stato scelto un cratere dalle parti del polo Nord per preservare i siti archeologici dove allunarono i programmi Apollo, Surveyor, Luna e Lunokhood.
Purtroppo, nessuno potrà immortalare l’evento. “Gli impatti avverranno durante la notte, quindi non avremo immagini in diretta”, ha detto Maria Zuber del Mit, uno dei ricercatori del progetto. A guardare l’impatto ci sarà solo il Lunar Reconnaissance Orbiter (Lro): “Dalla Terra non si vedrà nulla”, conclude Zuber. “Ma comunque il Lro, che dispone di strumenti estremamente sensibili, tenterà di compiere qualche osservazione”.
Via: Wired.it
Credits immagine: NASA/JPL-Caltech/GSFC/ASU