Due proteine per combattere il lupus

Un semplice esame delle urine per determinare l’espressione di due proteine: basterà questo, in futuro, per verificare l’efficacia della terapia del lupus eritematoso. È quanto ottenuto dai ricercatori guidati da  Gianfranco Ferraccioli, ordinario di Reumatologia presso l’Università Cattolica di Roma. In uno studio su Arthritis & Rheumatism , i ricercatori hanno individuato in due proteine, l’Hgf (hepatocyte growth factor) e il Tgfβ1 (transforming growth factor β1), degli importanti marcatori per migliorare la diagnosi delle forme più gravi del lupus eritematosus, una malattia autoimmune che può interessare, a partire dalla pelle e dalle articolazioni, tutto l’organismo.

Nella grande maggioranza dei casi (più del 90%) la terapia contro il lupus è efficace, ma se la malattia colpisce il rene (nefrite lupica), la prognosi peggiora: si guarisce solo nel 75% dei casi. Negli altri casi i pazienti vanno incontro a insufficienza renale cronica. Inoltre, in circa un terzo dei casi guariti, il paziente va incontro a una ricaduta, anche dopo molti anni. In sostanza, dunque, nella metà dei casi complessivi di nefrite lupica c’è la remissione della malattia, nell’altra metà si sviluppa una insufficienza renale. “La domanda che ci siamo posti”, spiega il prof. Ferraccioli, “è come mai l’esito della nefrite lupica può essere tanto diverso”.

Per fare questo, i ricercatori autori dell’articolo si sono concentrati sul danno a carico del tessuto interstiziale del rene. “Finora”, spiega ancora Ferraccioli, “per studiare i marcatori della malattia, i ricercatori si erano concentrati sui glomeruli, dei piccolissimi gomitoli di vasi sanguigni posti all’interno del rene. Noi abbiamo analizzato l’espressione di queste due proteine nell’interstizio perché pensavamo che potesse essere più promettente”.
E hanno scoperto che, nei pazienti in cui vi è un determinato squilibrio fra l’espressione di queste due proteine (l’Hgf è ha una funzione antinfiammatoria e favorisce la crescita dei vasi sanguigni, mentre al contrario il Tgfβ1 favorisce la formazione di tessuto cicatriziale, ostacolando quindi il recupero della funzionalità renale) la terapia non funziona. Ora l’obiettivo è misurare questo valore non più con una biopsia invasiva, come avviene ora, ma con un semplice esame delle urine. E in futuro,  studiare terapie specifiche per aumentare l’espressione di Hgf e ridurre quindi l’evoluzione verso l’insufficienza renale, forse anche con la terapia genica. (n.n.)

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