Due secoli di embrioni di cera

Nick HopwoodEmbryos in wax. Models from the Ziegler studioWhipple Museum of the History of Science, Cambridge, 2002pp.X+206, s.i.p.Gli ultimi anni hanno visto fiorire numerosi studi di storia della scienza che vanno oltre il tradizionale campo d’indagine costituito dalla parola scritta. La rappresentazione iconografica ha spesso acquistato un ruolo centrale nella considerazione degli studiosi. Anche con le immagini però, siamo ancora nel campo bi-dimensionale. “Embryos in wax” ci porta invece a esplorare un mondo in tre dimensioni: i modelli embriologici in cera che due medici tedeschi, Adolf e Friedrich Ziegler (padre e figlio), diffusero in tutta Europa dalla seconda metà dell’Ottocento fino agli anni Cinquanta del Novecento. Ovviamente, il periodo coincide con il grande sviluppo dell’embriologia che seguì la diffusione dell’evoluzionismo. Il confronto tra gli embrioni divenne quindi strumento importante per la biologia evolutiva dell’epoca, perché poteva mostrare le relazioni filogenetiche esistenti tra le diverse specie. I modelli in cera degli embrioni, settore in cui si specializzarono gli Ziegler, divennero allora indispensabili per l’insegnamento accademico, e quindi richiestissimi in tutta Europa: “Chiunque insegnasse embriologia all’università intorno al 1900 usava i modelli Ziegler” (p.57). Oggi se ne trovano collezioni sparse in tutto il mondo, che sono lì a testimoniare la precisione scientifica e la bellezza della produzione ceroplastica degli Ziegler.La ceroplastica stessa d’altra parte aveva già all’epoca una storia gloriosa, che risale almeno al diciottesimo secolo. In quel periodo, era fiorentino il primato nell’ambito dei modelli anatomici in cera. I prodotti del laboratorio ceroplastico di Firenze, diretto da Felice Fontana, sono ancora visibili al Museo di Storia Naturale “La Specola” (un bel catalogo è stato pubblicato dalla TAschen nel 2001). La scuola fiorentina produceva modelli di ogni tipo, mentre il catalogo Ziegler comprendeva solamente modelli embriologici, provenienti da ogni ambito della zoologia. Il volume di Nick Hopwood si basa principalmente sulla collezione posseduta dall’Università di Cambridge, ora conservata in gran parte al Whipple Museum of History of Science. Ovviamente, somiglia più al catalogo di una mostra che a un libro di storia della scienza: è corredato infatti da una enorme mole di illustrazioni di alta qualità. Ma alta è anche la qualità generale dello studio condotto da Hopwood sulla storia dell’embriologia e della modellistica embriologica, allargando lo sguardo ad altri temi quali l’insegnamento accademico e, seppur brevemente, l’impatto delle scoperte embriologiche su alcuni temi di medicina sociale (come la diffusione delle malattie veneree e le campagne anti-abortiste). Il progresso ha cancellato le tre dimensioni dei modelli in cera, per simularle sul monitor di un computer. La facilità con cui si possono produrre queste immagini ha reso più immediato il rapporto tra lo scienziato e il proprio modello, saltando la mediazione dell’artigiano/artista specialista con cui era costretto a collaborare. Oggi veniamo a contatto con queste immagini quotidianamente, ma sappiamo poco o nulla sulla loro origine. Leggere la storia di 250 anni di modellizzazione embriologica, attraverso la produzione Ziegler, è un aiuto a comprendere quali sono i processi che portano lo scienziato a mostrare il proprio oggetto in pubblico e, in ultima analisi, a mettere in mostra la propria attività.

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