E la Germania disse “addio”

A poche settimane dalla vittoria che l’ha portato alla guida della Germania, il neo-cancelliere Gerhard Schroeder ha già mosso i primi passi per tener fede a uno dei suoi impegni elettorali. Forse uno dei più impegnativi. Sulla base dell’accordo di governo concluso fra il suo partito, i socialdemocratici della Spd, con i Verdi, Schroeder ha annunciato che la Germania rinuncerà all’energia nucleare. Una dichiarazione importante che vede coinvolta tutta la nazione e che pone molti quesiti. Infatti, con le sue 19 centrali atomiche attualmente in funzione, la Germania copre il 33% del suo fabbisogno elettrico. Sostituirle non sarà una questione da poco e soprattutto ci vorrà parecchio tempo.

E proprio sui tempi di attuazione dell’abbandono completo del nucleare la distanza tra i Verdi e gli alleati della Spd è ancora notevole. I primi insistono per una uscita immediata, in circa 5 anni. Ma la loro proposta è stata duramente respinta dalla Spd che la giudica irrealistica e controbatte prevedendo tempi intorno ai 30 anni. In attesa di una decisione definitiva, il nuovo ministro dell’economia Werner Mueller ha rassicurato il paese, affermando che in nessun caso l’abbandono del nucleare provocherà la perdita di posti di lavoro. Non sarà, quindi, un’operazione né immediata, né unilaterale, ma percorso complesso, basato anche sul consenso dell’industria atomica. Sui problemi e le questioni aperte dalla decisione tedesca, Galileo ha sentito il parere di Umberto Colombo, presidente della fondazione Lead-Europe, ex-ministro per la Ricerca scientifica e tecnologica ed ex-presidente dell’Enea, l’Ente nazionale per l’energia e l’ambiente.

Professore, quanti e quali sono gli ostacoli che una nazione come la Germania deve affrontare per rinunciare al nucleare?
“In linea teorica ogni paese è libero di decidere come meglio crede. Ostacoli assoluti non esistono. Diverso, però, è il caso della Germania. Lo scorso giugno, riguardo l’attuazione del protocollo di Kyoto, i tedeschi si sono impegnati a ridurre del 21% le emissioni di anidride carbonica entro il 2010. Con questa nuova decisione e la conseguente sostituzione delle 19 centrali atomiche sarà inevitabile l’emissione di milioni di tonnellate di anidride carbonica supplementari ogni anno. L’impegno così ambizioso – gli altri paesi europei prevedono riduzioni medie del 6,5% – era stato preso tenendo in considerazione l’inefficenza energetica della Germania Est. I tedeschi possono sì decidere di abbandonare in pochissimi anni il nucleare, ma in questo caso i costi per i nuovi investimenti saranno molto elevati, e molto probabilmente non potranno adempiere, come promesso, agli obiettivi di Kyoto”.

Quindi lei consiglierebbe al governo tedesco un’uscita più graduale?
“Certo, sarebbe la scelta meno grave. Avendo a disposizione più tempo le centrali nucleari completerebbero il loro ciclo di attività e il capitale investito per costruirle sarebbe totalmente ammortizzato e i fondi sarebbero disponibili per investimenti alternativi. Inoltre, negli anni matureranno sicuramente le tecnologie relative alle energie rinnovabili e questo può significare costi minori a parità di energia elettrica generata con tecnologie molto più moderne di quelle attuali”.

Ma quali sono i rischi maggiori legati utilizzo dell’energia atomica?
“Le centrali danno sicuramente una serie di problemi. Il primo pericolo arriva dagli incidenti. Il disastro di Cernobyl ha messo in evidenza il fallimento totale di un sistema gestionale del tutto arretrato e non adatto a gestire una tecnologia complessa. La tecnologia sovietica si è rivelata del tutto insicura. Mentre le nuove tecnologie occidentali, attualmente utilizzate negli impianti, sono molto sicure. Certo avremmo maggiori garanzie se si sviluppassero reattori a sicurezza intrinseca o passiva. Un altro grande problema sono le scorie nucleari di lunga durata. Parte del pericolo potrebbe essere eliminato distruggendo gli elementi transuranici che hanno una vita radiottiva molto lunga. Inoltre c’è il rischio di un loro rientro nel ciclo geochimico della biosfera. Attualmente, sono molte le ricerche in atto per affrontare il problema delle scorie. E una nuova soluzione è già stata sviluppata da Carlo Rubbia. Perché i suoi reattori sotto critici sarebbero in grado di bruciare le scorie radioattive a vita lunga. Inoltre la proliferazione del nucleare come industria civile pone un problema di ordine politico. La diffusione può comportare un uso deviato degli elementi radioattivi, per costruire ordigni micidiali. L’insieme di questi rischi rende l’energia nucleare una scelta molto impegnativa, che richiede alle autorità una fortissima volontà politica, senza la quale è bene prendere in considerazione nuove alternative”.

In conclusione, cosa pensa della decisione del governo tedesco?
“In questo momento si tratta soprattutto di conveninza economica del nucleare rispetto alle altre fonti. Attualmente il prezzo del petrolio è sceso sotto i 12 dollari a barile e non si prevededono per il futuro aumenti. In queste condizioni puntare sul nucleare sarebbe una scelta troppo onerosa. Meglio investire, con costi minori, in impianti a ciclo combinato basati sullo l’uso del gas naturale, o gas naturale e olio combustibile, o gas naturale e carbone. Mentre ai paesi che già possiedono delle centrali nucleari conviene tenerli in vita. Per smantellare questi impianti, ripeto, occore tempo. E il tempo offre anche una grande opportunità: verificare se fra dieci anni le condizioni saranno ancora sfavorevoli al nucleare come lo sono oggi. Se, invece, a quell’epoca il prezzo delle fonti fossili salisse di molto, allora l’energia nucleare potrebbe essere rivalutata”.

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