Ecco la chiave dell’ipercolesterolemia

Ci sono voluti anni e anni di lavoro, ma alla fine ce l’hanno fatta. Renato Fellin e Giovanni Zuliani, dell’Istituto di Medicina Interna II dell’Università di Ferrara, hanno caratterizzato una forma recessiva di ipercolesterolemia congenita e sono riusciti a identificare il gene responsabile della malattia. Si trova sul cromosoma 1 e codifica una proteina essenziale per il metabolismo del colesterolo da parte delle cellule del fegato. I risultati della ricerca, condotta in collaborazione con Marcello Arca (Università La Sapienza, Roma, progetto Telethon), Mario Maioli (Università di Sassari), e la ricercatrice americana Helen Hobbs (University of Texas, Dallas), compaiono sul numero di questa settimana di Sciencexpress, l’edizione on line di Science. E andranno “su carta” tra poche settimane.

L’ipercolesterolemia è una malattia causata dall’accumulo eccessivo di colesterolo Ldl (Low Density Lipoprotein, è il colesterolo “cattivo”) nel sangue. Nelle persone sane questo colesterolo si attacca a speciali proteine che si trovano sulla membrana cellulare (nei fibroblasti della cute e negli epatociti del fegato), e che lo trasportano all’interno delle cellule. Qui, nel citoplasma, il colesterolo viene “smontato” e riutilizzato. Ma, per riuscire a raggiungere il citoplasma con il loro carico, queste proteine hanno bisogno di una “chiave”, un’altra proteina che faccia scattare la “serratura” del meccanismo metabolico. La proteina trasportatrice si chiama “recettore”, mentre la chiave si chiama “adattatore”. Se il recettore o l’adattatore non funzionano, il colesterolo non riesce a entrare nelle cellule, non viene metabolizzato e si accumula pericolosamente nel sangue. Aumentando così il rischio di malattie cardiache e di infarto. Se il gene che contiene le istruzioni di montaggio del recettore (o dell’adattatore) è difettoso, insorge la malattia. Non sempre però. Essendo malattie monogeniche, cioè dovute all’anomalia di un solo gene, le ipercolesterolemie possono esistere in forma dominante o in forma recessiva. Nei nostri cromosomi ci sono due copie di ogni gene, la copia materna e quella paterna. Alcune malattie si manifestano già quando una sola copia di un gene è “sbagliata”: sono le malattie dominanti. Altre compaiono solo quando l’errore è presente su entrambe le copie, e si chiamano malattie recessive. In questo caso, chi ha un solo gene alterato è detto “portatore sano”. Il guaio è che due portatori sani hanno una probabilità su quattro di mettere al mondo un bambino malato.

Zuliani e Fellin avevano da tempo identificato alcune famiglie sarde i cui membri manifestavano, in maniera apparentemente casuale, l’ipercolesterolemia. “I soggetti malati”, spiega Zuliani, “avevano i genitori sani. All’inizio non ce lo spiegavamo, perché l’ipercolesterolemia familiare nota in letteratura e’ di tipo dominante. Poi, qualche anno fa, abbiamo capito che si trattava di una forma recessiva. E l’abbiamo caratterizzata perfettamente da un punto di vista metabolico”. Adesso i ricercatori hanno raccolto il materiale genetico relativo a queste famiglie e lo hanno sottoposto a una procedura nota come “genomic scan”, in pratica l’osservazione dettagliata di tutta la sequenza genomica per identificare eventuali anomalie. E hanno scoperto alcune mutazioni sul cromosoma 1, in corrispondenza del gene che codifica la proteina Arh, un adattatore degli epatociti. L’importanza della scoperta è soprattutto nelle possibili applicazioni in campo preventivo. “Entro poco tempo”, annuncia Zuliani, “dovremmo riuscire a mettere a punto un test genetico rapido che rivelerà l’eventuale presenza delle mutazioni”. Le coppie “a rischio”, quelle che provengono da famiglie in cui è nota la presenza della malattia, potranno sottoporsi al test prima di pianificare una gravidanza. E la decisione sarà senz’altro più serena.

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