Ecco l’ominide più antico

Il 9 dicembre alle 11,21 del mattino l’agenzia Reuters batte la notizia: ritrovato in Sudafrica, nel sito di Sterkfontein, dall’équipe di Phillip Tobias, uno scheletro quasi completo (la parte sinistra del cranio, due gambe, una tibia, le pelvi e le vertebre) di un ominide vissuto tre milioni e seicentomila anni fa. Il fossile proviene dalla grotta Silberberg, dove a settembre l’hanno trovato Stephen Motsumi e Nkwane Molefe, diretti da Ron Clarke della Witwaterstrand University di Johannesburg.

Dunque Tobias ce l’ha fatta: sono sessant’anni che scava e controlla gli scavi del più importante sito sudafricano, e vi ha ritrovato centinaia di fossili ominidi capaci di raccontare tre milioni e mezzo di storia umanoide. Ma è oggi la vittoria vera: perché in paleoantropologia anche gli studiosi più autorevoli, i più amati, i più bravi (come Tobias è) non possono cantare vittoria finché non hanno nel cassetto il fossile ominide più antico e più completo. Oggi Tobias ce l’ha. E può mandare in soffitta persino la mitica e più giovane Lucy (che ha circa 3,2 milioni di anni, ed è meno completa).

“E’ un bipede molto antico, e abbiamo lo scheletro intero: sapremo presto tutto ciò che vogliamo sull’anatomia di queste creature, su come funzionavano”, ha commentato emozionatissimo l’anziano scienziato. Lui non è come i giovani che danno nomi buffi ai fossili e riescono a diventare famosi: il suo lo ha chiamato StW573, e nessuno si ricorderà chi è.

Ma questa creatura alta poco più di un metro e venti, dal cervello poco più grande di quello di una scimmia, è l’ominide più antico che abbia mai camminato sulla terra. Viveva nelle savane del Sudafrica una esistenza in bilico tra il primate e l’uomo: scimmiesco nell’aspetto, aveva però le mani libere per servirsi di utensili vegetali per procurarsi il cibo o difendersi dai predatori. E Tobias è convinto che questa “cultura” fosse comune a tutti gli australopiteci che vissero dal Sudan al Sudafrica per un periodo lunghissimo della storia della terra (si estinsero solamente verso i 1,6-1,3 milioni di anni fa, quando già Homo erectus abitava l’Africa).

Aver trovato un animale di questa fatta permetterà a Phillip Tobias e ai suoi collaboratori di saperne di più sulla fase di transizione dal primate all’umanoide. E c’è da scommettere che rinforzerà la sua idea della grande variabilità intraspecifica degli austraolopiteci, caratteristica che da questo momento in poi sarà tipica degli ominidi. Come mai questa è una faccenda così importante?

I paleoantropologi amano, per dirla con le parole di Tobias, “creare una nuova specie ogni volta che trovano un nuovo fossile ominide”. A maggior ragione se è così antico, giacché il premio in palio è quello di avere nel cassetto l’anello mancante, il primo uomo. Ma i fossili ominidi non sono così diffusi da permettere agli scienziati di avere una chiara idea sul tipo di popolazione a cui appartenevano. Anzi: spesso si tratta di frammenti isolati lontani nello spazio e nel tempo gli uni dagli altri.

Accettare l’ipotesi di Tobias, secondo cui la specie umana è la più variabile sulla faccia della terra, e che la stessa caratteristica sia stata tipica delle popolazioni ominidi che ci hanno preceduto, significa spazzare via gran parte delle “specie” coniate ogni volta che si trovava un fossile. Significa accettare l’ipotesi secondo cui tutti gli habilis erano parenti, così come tutti gli erectus, a prescindere da quanto diversi siano i tratti anatomici dei reperti ritrovati. E accettare che tutti gli australopiteci, da Lucy (che è un afarensis etiope) ai sudafricani, fossero un solo popolo legato da una sola cultura.

Ora il più antico di questi fossili è nelle mani di Tobias. E c’è da giurare che in molti faranno a gara per dimostrare che 573 è diverso da altri. Difendendo l’idea che le specie di autralopiteci erano più di una. Per poi continuare a discutere su quale di queste abbia dato origine alla linea Homo. Naturalmente, ognuno continuerà a pensare che il suo fossile è l’anello mancante. Ma è proprio questo il fascino dello studio dell’origine dell’uomo: è così remota e controversa che nessuno può mai dire l’ultima parola.

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