Ecstasy & Co.

Come in altri Paesi anche in Italia, a partire dagli anni Novanta, si è diffuso fra i giovani l’uso di un gruppo di molecole di sintesi appartenenti alla famiglia degli psicostimolanti amfetaminici. Assunte per via orale in forma di compresse, oltre ad aumentare in un certo grado la resistenza fisica provocano una particolarissima modificazione dello stato di coscienza caratterizzata da disinibizione emozionale e abbattimento delle barriere di comunicazione.

La più utilizzata e studiata di queste sostanze è la 3,4-metilendiossimetamfetamina (MDMA) alla quale sono assimilabili, per struttura chimica, proprietà ed effetti, la 3,4-metilendiossiamfetamina (MDA), la 3,4-metilenediossietilamfetamina (MDEA) e la N-metil-1-(1,3-benzodiossol-s-il)-2-butanamina (MBDB). In Europa, la sintesi di tali principi attivi e la fabbricazione delle compresse avvengono per lo più nei Paesi dell’Est (Polonia, Estonia, Repubblica Ceca) ma anche nei Paesi Bassi, nel Belgio e nel Regno Unito. In Italia come precursore è stato impiegato soprattutto il 4-allil-1,2-metilendiossibenzene (safrolo), usato come olio di sassofrasso per aromatizzare cosmetici e saponi e per questo di facile approvvigionamento, sebbene la legislazione in tema di sostanze stupefacenti preveda l’obbligo di segnalazione della vendita dei prodotti utilizzabili per la loro sintesi chimica.

Le compresse, commercializzate con il nome di Ecstasy (o XTC o Adam) a un prezzo compreso fra i 5 ed i 25 euro a seconda del mercato e del grado di purezza (intorno al 90 per cento nel 15 per cento dei casi), sono spesso miscugli di MDMA, MDA, MDEA o MBDB in quantità e in proporzioni variabili.

Possono contenere impurità di fabbricazione come acetato di piombo o safrolo ed essere tagliate con prodotti diversi, quali zucchero in polvere o caffeina, o con altre sostanze psicoattive del tipo dell’LSD o delle amfetamine. I sequestri di Ecstasy sono aumentati fino al 1996 per poi stabilizzarsi fino al 1999, anno in cui hanno ripreso a crescere in tutti i Paesi tranne che in Belgio e in Lussemburgo. Per quanto riguarda le quantità di Ecstasy sequestrate, a partire dal 1985, queste hanno seguito la medesima tendenza al rialzo per poi stabilizzarsi dopo il 1993 con un picco nel 1996 e un calo nel 1997. Successivamente sono aumentate di nuovo in tutti gli Stati europei, tranne che in Austria e in Irlanda. I massimi incrementi si sono registrati in Filandia, Germania, Grecia, Portogallo, Svezia e Regno Unito.

In questi ultimi anni altre molecole hanno fatto la loro comparsa nel mercato illecito delle sostanze d’abuso, e questo fenomeno si conferma come uno dei principali problemi con i quali deve confrontarsi la società moderna.

Gli effetti dell’Ecstasy

Proveniente dalla California, l’Ecstasy ha raggiunto l’Europa attraverso l’isola di Ibiza dove, all’inizio degli anni Ottanta, si sono tenute le prime manifestazioni ludico/musicali denominate rave. La successiva diffusione geografica dei rave è stata significativamente sovrapponibile a quella di questo genere di droghe. Nel tempo libero, il fine settimana, generalmente in relazione a eventi musicali o ricreativi, i consumatori d’Ecstasy assumono per via orale le pasticche insieme con alcol o con altre sostanze psicoattive evitando generalmente la via intravenosa. Per quanto riescano per lo più a evitare una grave compromissione sociale e non si considerino tossicomani, riconoscono spesso che l’uso della sostanza ha comportato per loro conseguenze negative di vario genere.

Negli anni Settanta, il ricercatore Alexander Shulgin studiò un considerevole numero di derivati anfetaminici. In particolare osservò che l’MDMA, già brevettata in Germania dalla Industria Farmaceutica Merck nel 1914, assunta per via orale alla dose di 100-150 milligrammi, pur conservando l’azione stimolante tipica delle amfetamine, induce un’esperienza del tutto singolare che inizia a manifestarsi dopo 20-30 minuti e si mantiene per 4-6 ore.Questa condizione, simile a un sentimento d’amore senza esacerbazione del desiderio sessuale, è caratterizzata da ansia difensiva ridotta, umore elevato, introspezione più acuta e migliore capacità di articolazione di stati e sensazioni, senza alterazione della percezione o difficoltà di orientamento. In considerazione di questi effetti, definiti entattogeni, alcuni psicoterapeuti statunitensi, fino al 1985, anno in cui la Drug Enforcement Agency (DEA) ha inserito l’MDMA nella categoria più restrittiva del Controlled Substance Act (CSA), hanno utilizzato questo principio attivo come farmaco integrativo ai loro trattamenti.


Il peccato di ADAM


Oltre agli effetti entattogeni, questa sostanza manifesta nell’essere umano azione antifame e antifatica, e per questo motivo pare esser stata somministrata ai soldati tedeschi durante la Prima guerra mondiale. Infine, l’MDMA provoca aumento di frequenza cardiaca, pressione arteriosa e temperatura corporea, nonché midriasi (dilatazione della pupilla), secchezza alle fauci e tensione alla mascella. Nel ratto, incrementa l’attività locomotoria orizzontale, la temperatura corporea e la frequenza cardiaca. Nel cane, dosi fra 2 e 10 mg/kg di peso, causano midriasi, salivazione, piloerezione, ipertermia. Dosi molto elevate di MDMA provocano convulsioni in ratto, cane e scimmia e la Dose Letale al 50 per cento (LD50) nel topo è compresa fra 80 e 115 mg/kg di peso. Gli studi di drug discrimination dimostrano che essa sostituisce la d-amfetamina nel ratto, nel piccione e nella scimmia allenati a discriminare quest’ultima dalla soluzione salina.

Al contrario, l’MDMA non sostituisce la 2,5 dimetossi-4-metamfetamina (DOM). Negli studi di self administration, alla stessa maniera degli eccitanti e differentemente rispetto agli allucinogeni, gli animali mostrano propensione ad autosomministrarsi l’MDMA. Essa dunque si caratterizza per l’attività stimolante ed è maggiormente assimilabile alle sostanze eccitanti tipo d-amfetamina rispetto a quelle allucinogene tipo DOM o LSD.D’altra parte, la struttura molecolare delle amfetamine permette di ottenere derivati farmacologicamente differenti intervenendo mediante sostituzioni su anello aromatico, catena laterale e gruppo aminico terminale.

Tossicità e meccanismo di neurodegenerazione

In tutte le specie animali studiate l’MDMA manifesta una caratteristica azione neurotossica sugli assoni di alcuni neuroni serotoninergici (quelli che rilasciano serotonina) il cui corpo cellulare si trova nel nucleo del rafe dorsale, risparmiando quelli, di maggior diametro, che originano nel nucleo del rafe mediano.

La degenerazione inizia entro poche ore dall’ultima somministrazione di MDMA e persiste molti mesi. Gli assoni sono in grado di essere rigenerati ma la reinnervazione segue un modello anormale. Nel modello animale della scimmia scoiattolo, trattata con 5 milligrammi di MDMA, due volte al giorno per quattro giorni, si ha una diminuzione dell’innervazione nella neocorteccia dorsale ed un’iperinnervazione dell’amigdala e dell’ipotalamo. Da tutti i modelli sperimentali, a eccezione del topo con il quale si sono ottenuti risultati non sempre univoci, risulta che la somministrazione di MDMA in un’unica dose elevata o dopo trattamenti ripetuti determina una diminuzione della serotonina (5-HT) cerebrale, dell’acido 5-idrossiindolacetico (5-HIAA), un derivato della serotonina, e dell’attività dell’enzima necessario per la sintesi di serotonina (il triptofano-idrossilasi).La perdita del contenuto cellulare di serotonina avviene in due fasi.

La prima coincide con un suo rilascio acuto dopo il quale le concentrazioni si rinormalizzano nell’arco di 24 ore. La seconda corrisponde a una diminuzione a lungo termine, che si instaura nel giro di tre giorni e, sostenuta dal persistente decremento dell’attività triptofano idrossilasica, si mantiene per oltre un anno. Nel primate non umano, più sensibile del ratto agli effetti neurotossici dell’MDMA, le alterazioni si osservano anche dopo somministrazione orale e piccoli aumenti di dose causano incrementi cospicui nella diminuzione di serotonina.Le riduzioni più significative si evidenziano nella neocorteccia, nello striato e nell’ippocampo; le più lievi si riscontrano a livello del tronco encefalico e dell’ipotalamo. Immagini PET (Tomografia a emissione di positroni) del cervello di babbuino hanno recentemente fornito una ulteriore conferma di questo modello di tossicità. Numerose ricerche sui roditori hanno tentato di indagare le conseguenze della riduzione della serotonina, indotta da MDMA, sul comportamento.

Animali trattati con dosi di MDMA che determinano una riduzione fra il 35 per cento ed il 70 per cento dei livelli di serotonina nello striato e nell’ippocampo non evidenziano cambiamenti significativi in numerosi modelli comportamentali. Poiché però molti altri neurotrasmettitori, oltre alla serotonina, influenzano i comportamenti osservabili è difficile trarre conclusioni. Inoltre le dosi di MDMA utilizzate potrebbero essere insufficienti a determinare significative modificazioni, considerando che nei modelli di neurodegenerazione tipo Parkinson, non si osservano cambiamenti finché non vengono distrutte il 70-80 per cento delle terminazioni dopaminergiche. Da quando l’MDMA e i suoi analoghi sono commercializzate come droghe d’abuso l’eventuale neurotossicità per l’essere umano costituisce in tutto il mondo motivo di preoccupazione. È ovvio che, poiché nella maggior parte degli studi che hanno riscontrato neurodegenerazione negli animali l’MDMA è somministrata per vie diverse da quella orale, a dosi cospicue e in limitati intervalli di tempo, il passaggio dall’animale all’essere umano rimane vago e incerto.

Di fatto, è dimostrato che:1) dosi elevate di Ecstasy somministrate ripetutamente sono correlate nell’essere umano a una diminuzione del 25 per cento dei livelli di 5-HIAA nel liquido cerebrospinale;2) l’uso cronico di Ecstasy può condurre ad alterazioni nei cicli del sonno ed è stato dimostrato che la risposta prolattinica a L-triptofano viene diminuita;3) numerosi resoconti hanno attribuito all’assunzione di Ecstasy lo sviluppo di anomalie neuropsichiatriche acute e croniche che comprendono disturbi da panico, depressione e psicosi.Inoltre, in un campione di giovani consumatori di Ecstasy, la PET ha rivelato un decremento del trasportatore di membrana (carrier) della serotonina. Queste osservazioni suggeriscono che negli esseri umani il sistema serotoninergico possa essere influenzato dall’assunzione di Ecstasy ricordando tuttavia che la maggior parte dei consumatori di droghe ricreazionali sono poliabusatori e che i loro self-report sono di dubbia affidabilità.

A fronte di queste incertezze vi sono i dati di una indagine di Fase I, a doppio cieco con controllo placebo, sugli effetti dell’MDMA nell’essere umano autorizzata dalla Food and Drug Administration (FDA) e avviata a partire dal maggio 1994 presso l’Harbor-UCLA Medical Center di Torrance in California.I partecipanti a questa ricerca sono stati sottoposti a scansioni con spettroscopia di risonanza magnetica (RM) e tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli (SPECT) i cui risultati sono compatibili con alterazioni della neurochimica cerebrale e della perfusione sanguigna in particolare nella corteccia visiva del lobo occipitale.La dopamina (DA) è chiaramente implicata nel meccanismo neurotossico dell’MDMA.

Esiste una correlazione lineare tra rilascio acuto di questo neurottrasmettitore e danno a lungo termine delle terminazioni serotoninergiche. Il pretrattamento con a-metil-para-tirosina, inibitore della sintesi di dopamina, attenua l’alterazione degli assoni serotoninergici; inoltre distruggendo le terminazioni dopaminergiche con la neurotossina 6-OH-DA si ottiene completa protezione dalla neurotossicità da MDMA. Per converso si osserva un aumento della neurotossicità indotta da MDMA, in seguito a pretrattamento con L-DOPA, il precursore della dopamina. Il metabolismo della dopamina nelle terminazioni serotoninergiche genera perossido di idrogeno in misura superiore alle capacità riduttive della cellula provocando perossidazione lipidica, stress ossidativo generalizzato e degenerazione selettiva degli assoni.Considerando che il sistema gabaergico, costituito dai neuroni che utilizzano l’acido gamma-aminobutirrico (GABA), modula l’attività dopaminergica questo modello non contrasta con l’osservazione che l’agonista GABA clormetiazolo attenua la neurotossicità da MDMA.

Al momento attuale invece non vi sono dati sufficientemente convincenti intorno al ruolo di glutammato e nitrossido nel meccanismo neurotossico dell’MDMA. Un importante argomento di indagine riguarda l’implicazione della temperatura ambientale nei processi neurotossici da MDMA. Molti laboratori hanno dimostrato che quando l’MDMA viene somministrata all’animale alla temperatura ambientale di 24°C o più alta vi è ipertermia mentre a 10°C c’è risposta ipotermica. Gli effetti dell’MDMA sulla temperatura corporea sembrano direttamente correlati alla temperatura ambientale. L’ipertermia è nell’essere umano uno dei più gravi effetti collaterali associati all’uso di Ecstasy mentre l’ipotermia protegge contro i danni cerebrali indotti da una grande varietà di cause. Gli animali stabulati in ambiente freddo diminuiscono sia il rilascio di dopamina che la neurotossicità da amfetamina.

Allo stesso modo si potrebbe ipotizzare che la riduzione di temperatura corporea diminuisca gli effetti neurochimici dell’MDMA fornendo indirettamente protezione nei confronti dei suoi effetti tossici. Complicanze nell’essere umanoSulla base dei casi riportati in letteratura si tengono distinte le complicanze sistemiche acute dagli effetti neuropsichiatrici indesiderati subacuti e cronici. Le prime costituiscono la temibile sindrome da intossicazione acuta che non solo può manifestarsi alla prima assunzione ma anche in consumatori abituali. Il quadro clinico è caratterizzato da irrequietezza, confusione mentale, alterazione della coscienza, iperriflessia, mioclono, convulsioni, pallore cutaneo, piloerezione, midriasi, secchezza alle fauci e sintomi gastro-intestinali tipo nausea e diarrea.Nei casi più gravi si osserva rabdomiolisi con mioglobinuria (la distruzione del muscolo scheletrico con perdita di emoglobina nelle urine), insufficienza renale acuta (IRA), coagulazione intravascolare disseminata (CID) e ipertermia la cui insorgenza è favorita non solo dalla sostanza ma anche dall’attività fisica prolungata (il ballo) in ambienti sovraffollati, caldo-umidi e con ventilazione insufficiente.

Frequenza cardiaca e pressione arteriosa sono elevate, e possono presentarsi severe aritmie con ipotensione fino allo shock.Per molti di questi effetti manca una chiara correlazione con la dose di sostanza assunta. L’epatotossicità, sporadicamente segnalata, potrebbe essere attribuibile anche a contaminanti e impurità, presenti nelle preparazioni da strada, ma l’ipertermia e la CID possono correlarsi con compromissione epatica. Nella maggior parte dei casi la prognosi sembra legata alla rapidità del controllo dell’ipertermia e il trattamento deve essere posto in atto entro le prime ore dopo l’assunzione; esso è finalizzato al mantenimento delle funzioni vitali ed al controllo della sintomatologia.La lavanda gastrica, seguita dalla somministrazione di carbone attivo, è efficace solo se tempestiva. L’MDMA sembra provocare il rilascio di ormone antidiuretico (ADH) e la contrazione della diuresi, accompagnata dalla tendenza compulsiva a bere liquidi può contribuire alla comparsa di edema cerebrale. L’assunzione di bevande isotoniche (cioè con concentrazione salina fisiologica) e di fluidi salini riducono il rischio di eccessivo assorbimento cellulare di acqua e garantiscono il ripristino dell’equilibrio idroelettrolitico.

Superate le prime 72 ore dall’episodio acuto, qualora permangano sintomi premonitori degli effetti neuropsichiatrici subacuti può essere indicato favorire la trasmissione serotoninergica mediante gli SSRI (degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina). Gli effetti subacuti, la cui durata deve per definizione essere inferiore a un mese, sono insonnia, sonnolenza, anoressia, depressione, ansia e irritabilità.Non di rado in soggetti con anamnesi positiva per uso di Ecstasy si riscontrano crisi ricorrenti di panico, flashback, turbe della memoria, difficoltà di concentrazione e di apprendimento, depressione. Attualmente è possibile formulare ipotesi di trattamento più che offrire un efficace arsenale terapeutico, ma la somministrazione degli SSRI a dosaggi elevati e per lunghi periodi si è dimostrata in molti casi capace di contenere queste manifestazioni neuropsichiatriche indesiderate.

Misure di controllo

Gli attuali timori intorno alla pericolosità di queste sostanze sono avvalorati dalla dimostrazione che il modello rigenerativo degli assoni serotoninergici presenta, soprattutto nella scimmia, profonde alterazioni rispetto alla norma, tanto più che questi dati sembrano trovare indiretta conferma nelle osservazioni effettuate sull’essere umano mediante tecniche di neuroimmagine. Non si può escludere che solo in alcuni individui particolarmente vulnerabili venga superata la soglia di evidenza clinica del danno neuronale, ma neppure che nell’uomo la neurotossicità possa manifestarsi in maniera lenta e insidiosa.Esiste poi la possibilità che nel tempo preparazioni e modalità di assunzione di queste sostanze subiscano modificazioni tali da ribaltare completamente l’attuale opinione intorno alle proprietà tossicomanigene dell’Ecstasy così come in un recente passato è avvenuto per la cocaina. Fin dal dicembre 1996 l’ONU ha fatto osservare mediante una nota informativa che i derivati amfetaminici costituiranno con ogni probabilità uno dei principali problemi di droga del secolo appena iniziato. La semplicità della loro struttura, la grande facilità di ottenere i precursori necessari e l’accessibilità delle informazioni relative alla fabbricazione sono altrettanti fattori che certamente non facilitano le azioni preventive.

L’ONU ha proposto un rafforzamento delle sanzioni previste per la fabbricazione e il traffico di queste sostanze e ha chiesto con forza ai governi di fare in modo che gli ingredienti di base siano meno accessibili.Negli ultimi anni molti governi europei hanno optato per una politica di harm reduction (riduzione dei rischi) con lo scopo d’informare e mettere in opera diversi mezzi per limitare le conseguenze che possono accompagnare il consumo di Ecstasy in attesa che, come è auspicabile, siano concordemente messe a punto misure più efficaci per contrastare la diffusione di queste sostanze. Sulla base di studi di valutazione del rischio e di opinioni formulate dalla Commissione Europea, la decisione del Consiglio, datata 13 settembre 1999, ha determinato che anche la 4-metiltioamfetamina (4-MTA), sia sottoposta a misure di controllo in tutti gli Stati membri dell’UE.Altre droghe sintetiche, come la parametossiamfetamina (PMA), la parametossimetilamfetamina (PMMA), la 2,5-dimetossi-4 etiltiofenetilamina (2-CT-5) e la 2,5-dimetossi-4-(n)-propiltiofenetilamina (2-CT-7), sono state recentemente individuate grazie ai meccanismi di “preallarme” messi a punto a livello europeo e sono attualmente monitorate congiuntamente dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT) e dall’Europol, in stretta cooperazione con la Commissione Europea e con l’Agenzia Europea per la Valutazione dei Medicinali (EMEA).

La 4-MTA, il cui nome gergale è flatliners, è strutturalmente simile alle amfetamine e a essa si attribuiscono effetti psicologici simili a quelli dell’MDA e dell’MDMA. La manipolazione dell’anello fenilico in posizione 4 ne ha aumentato le proprietà serotoninergiche: essa blocca il riassorbimento della serotonina e agisce da potente inibitore delle monoaminossidasi (MAO) tanto da essere in grado di determinare la comparsa di una sindrome serotoninergica che nei casi più gravi può portare al coma e alla morte. In forma di tavolette color crema contenenti circa 125 milligrammi di principio attivo, è piuttosto popolare in Gran Bretagna, Olanda e Belgio.Sebbene la 4-MTA sia spesso definita “non neurotossica”, questa affermazione è da considerarsi del tutto infondata: è certo invece che questa sostanza risulta pericolosa per l’uso umano.

La PMA e la PMMA hanno proprietà stimolanti e allucinogene e a esse si attribuiscono un certo numero di morti per ipertermia e/o emorragia intracranica in Canada, Australia, Stati Uniti, Norvegia e Danimarca. Tanto la PMA quanto la PMMA vengono ritenute potenzialmente neurotossiche sui neuroni serotoninergici cerebrali e risultano essere commercializzate come Ecstasy in forma di tavolette.Verso la fine degli anni Novanta hanno fatto la loro comparsa sul mercato dell’illecito la 2-CT-5 e la 2-CT-7. A esse si attribuiscono effetti allucinogeni e per questo motivo talvolta sono vendute al posto della 4-bromo-2,5-dimetossiphenetilamina (2-CB) o del suo analogo 4-bromo-2,5-dimetossi-a-metilphenetilamina (DOB). Secondo le attese, anche a 2-CT-5 e a 2-CT-7 sono stati attribuiti incidenti e complicanze talora mortali.La saga dell’Ecstasy e delle cosiddette nuove droghe sembra destinata a continuare: centinaia di molecole, della maggior parte delle quali si ignorano completamente effetti e tossicità, possono essere sintetizzate e immesse sul mercato.

Essendo del tutto utopistico ipotizzare una consapevole presa di coscienza da parte di chi a vari livelli organizza la loro produzione ed il loro commercio, ogni possibile meccanismo di controllo e la più estesa informazione sui possibili rischi unitamente alla auspicabile prevenzione di ogni forma di uso devono esser tenute nella massima considerazione.

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