Amfetamine, come è fatto e come funziona l’MDMA

L’MDMA – bisostituita sull’anello in posizione 3-4 con la funzione metilendiossi – è un’amina secondaria ed esiste nei due isomeri ottici destrogiro S-(+) e levogiro R-(-) il primo dei quali risulta essere il più efficace. Le amfetamine che esercitano una potente azione stimolante centrale, come d-amfetamina e metamfetamina, al pari dell’MDMA sono più attive in forma destrogira. Viceversa, quelle dotate di effetto allucinogeno, come la DOM, sono più efficaci come isomeri levogiri, sono caratterizzate dalla funzione metossi sono generalmente trisistituite sull’anello in posizione 3-4-5 o 2-4-5 e sono amine primarie.

Le sostituzioni sull’anello aromatico condizionano lo spostamento dell’azione farmacologica dal sistema dopaminergico a quello serotoninergico mentre la bisostituzione sull’anello con la funzione 3,4-metilendiossi favorisce, rispetto a trisostituzione e funzione metossi, la perdita delle proprietà allucinogene e l’acquisizione di quelle entattogene Infine le residue attività allucinogene sono indebolite ulteriormente dalla sostituzione sul gruppo aminico terminale: infatti mentre la MDA (Love drug) che è un’amina primaria conserva in misura ancora significativa questa proprietà, l’MDMA ne risulta quasi sprovvista.

Le tre amfetamine: stimolanti, allucinogene, entattogene

Sulla base degli effetti farmacologici e della struttura molecolare di ciascun derivato, le amfetamine si distinguono in stimolanti (prototipo: metamfetamina), allucinogene (prototipo: DOM) ed entattogene (prototipo: MDMA) riconoscendo ciascuno dei tre gruppi uno specifico meccanismo d’azione.

L’assorbimento dell’MDMA somministrata per via orale è rapido; nell’essere umano la concentrazione plasmatica raggiunge il picco in circa 2 ore e si dimezza in 6-7 ore: in 72 ore il 72 per cento della dose somministrata è eliminata con le urine. Il metabolita principale della MDMA è la MDA; la più importante via di metabolizzazione di entrambe è la N-demetilazione in catelcolderivati successivamente ossidati in chinoni. L’N-demetilazione è una reazione ossidativa catalizzata dal sistema del Citocromo P-450 ed è possibile che attraverso l’isoenzima CYP2D6 esistano metabolizzatori rapidi e lenti.

Pur non potendosi escludere che differenze metaboliche condizionino la comparsa di manifestazioni tossiche, nel ratto Dark Agouti le alterazioni indotte dall’MDMA sono comparabili nei due sessi sebbene il metabolismo CYP2D6 sia significativamente più veloce nei maschi rispetto alle femmine. L’utilizzo della microdialisi cerebrale che, mediante impianto stereotassico di sottilissime fibre da dialisi, consente di misurare le modificazioni neurotrasmettitoriali indotte in specifiche aree cerebrali dalla somministrazione di una sostanza, ha dimostrato che l’MDMA determina significativo aumento della concentrazione extracellulare di serotonina (5HT) nello striato e nella corteccia cerebrale. Tale incremento, il cui andamento si correla alla durata degli effetti, è dose dipendente ed è potenziato dal pretattamento con un precursore della serotonina come il 5-idrossitriptofano (5HTP). Esso è attenuato dalla cosomministrazione degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) come la fluoxetina e non è influenzato dalla cosomministrazione di un bloccante il potenziale d’azione come la tetrodotossina.

L’analisi di questi dati suggerisce che la liberazione di 5HT nello spazio intersinaptico è mediata dal carrier di membrana per la ricaptazione del trasmettitore indipendentemente dal meccanismo fisiologico di conduzione dell’impulso nervoso. La microdialisi cerebrale ha inoltre confermato che, sebbene le modificazioni neurochimiche determinate dall’MDMA interessano prevalentemente il sistema serotoninergico, essa interagisce anche con quello dopaminergico provocando l’aumento della concentrazione extracellulare di dopamina (DA) nello striato. Le amfetamine stimolanti interferiscono con l’immagazzinamento vescicolare della dopamina e inibiscono le monoaminossidasi (MAO): entrambe queste azioni aumentano la concentrazione citoplasmatica di dopamina e conseguentemente quella nello spazio intersinaptico. Le metossiamfetamine allucinogene per le loro caratteristiche steriche ed elettrostatiche interagiscono con i recettori 5HT2A e 5HT2C. Per quanto riguarda le amfetamine entattogene, sebbene l’MDMA mostri affinità per il sito di uptake della 5HT e nell’ordine per i recettori a2, 5-HT2 ed M1, si ritiene che la sua azione sul sistema serotoninergico sia assimilabile a quella delle amfetamine eccitanti a livello del sistema dopaminergico. L’MDMA penetra nel terminale sinaptico probabilmente in scambio con la 5HT e blocca il carrier per il trasporto del neurotrasmettitore all’interno delle vescicole che si trovano nel bulbo terminale dell’assone serotoninergico. Contestualmente essa inibisce le MAO e più significativamente l’isoenzima A rispetto al B. In questo modo la concentrazione della serotonina nel citoplasma supera quella nello spazio sinaptico e si determina un’inversione della direzione di trasporto del carrier di membrana per cui la 5Hht accumulata nel citoplasma si riversa, con meccanismo calcioindipendente, nello spazio intersinaptico.

Per quanto riguarda la dopamina l’aumento della sua concentrazione extracellulare è indotto dall’MDMA sia direttamente che indirettamente per azione della 5HT sul recettore postsinaptico 5HT2 posto su un interneurone inibitorio GABA. La stimolazione di questo recettore si risolve nella diminuzione della trasmissione gabaergica che incrementa sintesi e rilascio di dopamina. Agli iniziali effetti di stimolo della trasmissione serotoninergica segue l’effetto opposto per inibizione della triptofano-idrossilasi (TPH), enzima fondamentale per la sintesi della serotonina e la diminuzione della concentrazione dell’acido 5-idrossiindolacetico (5HIIAA), che si può dimostrare nel liquor in questa fase, è indicativa dell’abbassamento della funzione serotoninergica.

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