Effetto India, lo sviluppo insostenibile

A New York l’annuale Commissione per lo sviluppo sostenibile dell’Onu ha recentemente cercato di tracciare un bilancio delle politiche ambientali a cinque anni dall’Earth Summit di Rio de Janeiro, e discutere delle linee di intervento future. Tra le questioni sul tappeto c’è soprattutto quella dei cambiamenti climatici, per la quale l’Unione Europea e l’Italia si sono impegnate a ridurre – entro il 2005 e in una misura tra il 5 e il 7 per cento rispetto al 1990 – le proprie emissioni di gas serra. Ma, al di là delle buone intenzioni, la bilancia degli interventi a livello globale appare squilibrata e va nel senso di un aumento delle emissioni di gas capaci di alterare il clima. Ne è un esempio illuminante il caso dell”India Coal Sector Rehabilitation Project”: un progetto di ristrutturazione del settore energetico in India. Proprio nelle prossime settimane, il Consiglio dei direttori della Banca Mondiale dovrà deciderne il finanziamento, con circa 500 milioni di dollari. Si tratta dell’”India Coal ”, che prevede l’espansione di 25 miniere di carbone a cielo aperto in cinque stati (Uttar Pradesh, Bihar, Madhya Pradesh, Orissa, Maharashira), la modernizzazione e il riassetto finanziario del settore. Un pacchetto di riforme che include la liberalizzazione del prezzo del carbone, maggiori esportazioni e l’apertura dell’industria carbonifera agli investimenti privati. Le cifre sono da brividi: la produzione di carbone delle 25 miniere passerebbe da 8,6 milioni di tonnellate all’anno a 104,6, con un aumento delle emissioni di anidride carbonica pari a 43 milioni di tonnellate.Secondo la Campagna per la riforma della Banca Mondiale, terminale italiano di una coalizione di Ong che si battono per cambiare le politiche internazionali di sviluppo, nel solo stato di Orissa le centrali a carbone produrranno entro il 2000 circa 19mila Megawatt per alimentare un polo industriale altamente inquinante. “L’Institute of Policy Studies di Washington calcola che nel 2000 le emissioni di anidride carbonica provenienti dal solo polo di Orissa saranno di 164 milioni di tonnellate l’anno, l’equivalente di più del 4 per cento della crescita di emissioni prevista nel mondo”, dichiara il coordinatore della campagna, Francesco Martone. Ciò costituirà, probabilmente, la più grande fonte locale di gas serra del pianeta: un danno ambientale calcolato in 4 miliardi e 400 milioni di dollari l’anno.La Banca Mondiale sostiene che l’impatto ambientale dell’India Coal Project sarà positivo, e lo ha catalogato nella categoria di impatto B. Ma l’opinione delle Ong locali e internazionali è completamente diversa. Se approvato, dicono, l’intervento non solo contribuirà all’aumento dell’effetto serra ma interesserà oltre 18mila persone, delle quali molte saranno costrette a emigrare. E, come dimostra la storia di Singrauli, dove circa 250mila indiani hanno dovuto lasciare le propie terre per l’espansione delle miniere a cielo aperto, non è detto che questi sfollati riceveranno un risarcimento o qualche garanzia di salvaguardia delle condizioni di vita.Eppure le alternative esistono. L’autorità indiana per le fonti energetiche non convenzionali individua in 20mila Mw il potenziale eolico non sfruttato nel gigante asiatico. E, secondo due ricercatori indiani, Hossain e Sinha, “criteri di efficienza economica, a prescindere dalla giustificazione della riduzione delle emissioni” dovrebbero spingere verso l’energia eolica e l’idroelettrico di piccole dimensioni. Per non parlare del solare, oggetto nel 1993 di un progetto della stessa Banca Mondiale, poi fallito, nonostante in India risiedano alcuni dei maggiori produttori di tecnologie fotovoltaiche, a causa degli alti tassi di interesse previsti per i finanziamenti.Nel 1997 il problema dei cambiamenti climatici è ricorrente. Il tema sarà affrontato al prossimo G7 di Denver. A giugno, l’Onu dedicherà una sessione dell’Assemblea generale a un bilancio dell’Earth Summit di Rio. A dicembre, infine, si terrà a Kyoto la terza sessione della Conferenza delle parti della Convenzione del clima, dove gli impegni dovranno divenire più stringenti. Ma, sostengono le Ong, qualsiasi sforzo di riduzione delle emissioni sarà vanificato se la Banca Mondiale non adotterà quanto prima una politica vincolante sui mutamenti climatici. “I piani di cooperazione nei paesi in via di sviluppo”, afferma Martone, “devono tenere conto dell’interdipendenza, della quale l’atmosfera è l’esempio più evidente nel pianeta. E l’Italia deve fare pressione perché la Banca Mondiale istituisca un dipartimento per l’efficienza energetica, impegnandosi a ridurre le emissioni di gas serra e a sostenere il trasferimento di tecnologie pulite”.

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