Durante lo show&tell (il format usato ormai da diverse aziende per presentare al pubblico i propri progressi) di Neuralink, trasmesso mercoledì sera in live streaming, Elon Musk è intervenuto per annunciare che la sperimentazione umana delle interfacce cervello-computer è vicina. L’azienda avrebbe cominciato a presentare la documentazione necessaria alla Food and drug administration (Fda) degli Stati Uniti, e le premesse sarebbero così buone che l’eccentrico imprenditore sudafricano conta di ricevere il permesso per impiantare un chip neurale in una persona entro sei mesi. Per la cronaca, non è la prima volta che Musk si lascia andare a simili annunci (ve ne avevamo parlato qui più di un anno fa), ma magari questa è quella buona.
Interfacce cervello-computer
Neuralink è un’azienda fondata nel 2016 che persegue il progetto di realizzare dei dispositivi tecnologici per permettere al cervello di comunicare direttamente con le macchine. L’idea avveniristica è la fusione, la sinergia completa tra intelligenza umana e intelligenza artificiale.
Neuralink (così come le altre aziende sue concorrenti) è ancora lontana da quest’obiettivo. Tuttavia i suoi dispositivi innovativi sembrano avere potenzialità per applicazioni cliniche che potrebbero migliorare la vita di alcune persone già oggi. Quelli dell’azienda di Musk sono una sorta di chip della grandezza di una moneta composti da fili e elettrodi che, impiantati nel cervello, riescono a leggere i segnali dei neuroni, interpretarli e trasmetterli wireless a un dispositivo esterno, che li traduce in azione.
Secondo Musk e i suoi ingegneri, il livello di sviluppo tecnologico attuale delle interfacce neurali permetterebbe alle persone paralizzate di utilizzare senza problemi i propri dispositivi digitali, per esempio per comunicare o per compiere operazioni online in autonomia, o – perché no – impartire comandi a un robot. Un’altra possibile applicazione è il ripristino della vista per chi l’ha persa. Anzi, Musk si spinge anche un po’ oltre parlando di permettere di vedere a chi è nato cieco.
Prospettive sicuramente molto interessanti, ma di cui durante la presentazione non sono state date dimostrazioni ulteriori rispetto a quelle già diffuse in passato (come il macaco che gioca al videogioco Pong solo col pensiero, mostrato nel 2021, o come i maiali con un fitbit nel cervello) e che già allora non rappresentavano una vera e propria novità in un ambito di ricerca che ormai va avanti da ben più di un decennio.
Un’interfaccia neurale in un paziente locked-in per comunicare con l’esterno
Particolari che fanno la differenza
Lo show&tell di Neuralink, comunque, non è stato un evento privo di contenuti. Il team di ricercatori ha mostrato, per esempio, i progressi del proprio robot chirurgico, in grado di inserire in un modellino di cervello umano 64 fili di elettrodi sottolissimi in 15 minuti, in modo estremamente accurato, tale da non danneggiare i tessuti. Neuralink, infatti, sta puntando molto sulle proprie capacità di innovare la tecnologia esistente, rendendo i suoi prodotti più vantaggiosi, perché flessibili (e quindi meno impattanti sulle strutture biologiche e più funzionali), perché connessi wireless (non ci sarebbero fili che collegano la testa della persona al computer esterno), o perché richiedono una chirurgia meno invasiva di quelli sviluppati dai concorrenti.
Gli ingegneri di Neuralink hanno anche affrontato la questione della ricarica delle batterie e della necessità di rendere i dispositivi sempre più discreti, mostrando un prototipo miniaturizzato e già impiantato su una scimmia che lo stesso Musk ha detto di essere disposto a provare su di sè.
Non solo Neuralink
Per quanto Musk sia quasi senza rivali quando si tratta di far parlare di sé e dei propri investimenti, Neuralink non è l’unica azienda impegnata nello sviluppo di interfacce cervello-computer e non è nemmeno quella più avanti nella sperimentazione.
Synchron, per esempio, ha già installato all’interno del cervello di alcune persone la sua versione di chip neurale. Si tratta di dispositivi wireless delle dimensioni di un fiammifero che non richiedono un intervento diretto sul cervello, ma che vengono inseriti dal collo e spinti fino al cervello attraverso la vena giugulare. Lo scopo è di consentire alle persone con paralisi di controllare con il pensiero dei dispositivi digitali. In un piccolo studio in Australia questo tipo di impianto ha permesso a quattro pazienti con sclerosi laterale amiotrofica (Sla) di fare operazioni online in autonomia, e lo scorso dicembre un paziente negli Stati Uniti ha composto e inviato il primo tweet da interfaccia neurale.
A fare concorrenza a Neuralink, poi, ci sono anche due realtà fondate da ex dipendenti della società. Science Corp, guidata dall’ex presidente di Neuralink Max Hodax, ha annunciato di lavorare proprio sulla possibilità di ripristinare la vista per le persone affette da retinite pigmentosa e degenerazione maculare senile secca. Precision Neuroscience, fondata da Benjamin Rapoport, invece, sta sviluppando un impianto cerebrale flessibile e molto sottile che potrebbe essere installato evitando di forare il cranio.
Via: Wired.it