Esopianeti, quanto ci vorrà per capire se c’è vita?

C’è poco da azzardare previsioni, almeno per ora. All’indomani del roboante annuncio, da parte della Nasa, della scoperta di un sistema extrasolare di sette esopianeti dalle dimensioni simili a quelle della Terra, è decisamente troppo presto per capire se e come tali pianeti possano supportare o ospitare la vita. Per formulare ipotesi, è necessario, infatti, avere informazioni sulla composizione della loro atmosfera. Cosa che non avverrà, come spiega Roberto Battiston, capo dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) prima di 10 o 15 anni di studi, con l’arrivo dei telescopi di nuova generazione, come il James Webb Space Telescope.

“La prossima fase”, ha dichiarato Battiston all’Ansa, “richiederà telescopi così potenti da vedere l’effetto di filtro che l’atmosfera di un pianeta provoca nella luce della sua stella ogni volta che le passa davanti”. Battiston fa riferimento a una variante sofisticata della tecnica del transito planetario, utilizzata per scoprire se attorno a una stella transitano, appunto, dei corpi.

Il principio alla base di questo metodo è un po’ quello delle ombre cinesi, applicato a livello interplanetario: quando un oggetto (per esempio un esopianeta) passa davanti a una fonte luminosa (come una stella) proietta un’ombra nella direzione dell’osservatore. E questo è quello che fanno di routine i telescopi attuali, cioè catturano le immagini delle ombre proiettate dagli esopianeti che passano davanti alla propria stella. Se però l’oggetto ha una sua atmosfera, questa può assorbire un po’ della luce proiettata dalla stella ai margini dell’ombra, dando luogo a un caratteristico spettro di assorbimento. I gas e gli altri materiali che compongono l’atmosfera, infatti, fanno da filtro e trattengono determinate lunghezze d’onda della luce. Captare queste differenze nella composizione della luce che arriva ai nostri telescopi aiuterà a capire la composizione dell’atmosfera dell’esopianeta. E quindi a fare ipotesi sulla sua effettiva abitabilità.

Gli astronomi hanno scoperto la prima atmosfera di un esopianeta una quindicina di anni fa, ma a oggi ne sono state osservate pochissime rispetto al numero di esopianeti scovati. Questo perché gli strumenti attuali hanno dei limiti: colgono le variazioni dello spettro della luce, ma non sono in grado di definire ciò di cui è fatta l’atmosfera.

Secondo gli esperti della Nasa il telescopio di nuova generazione James Webb Space Telescope, con uno specchio sei volte più grande di quello del telescopio spaziale Hubble, sarà in grado di misurare in dettaglio gli spettri degli esopianeti. Ma per scoprire le sue reali capacità dovremo aspettare il suo lancio, previsto per il 2018.

Via: Wired.it

Mara Magistroni

Nata e cresciuta nella “terra di mezzo” tra la grande Milano e il Parco del Ticino, si definisce un’entusiasta ex-biologa alla ricerca della sua vera natura. Dopo il master in comunicazione della scienza presso la Sissa di Trieste, ha collaborato con Fondazione Telethon. Dal 2016 lavora come freelance.

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