Essere o non essere…pianeta

Se un corpo celeste orbita intorno al Sole, ha un satellite che gli ruota intorno (e quindi ha una massa gravitazionale sufficiente a trattenerlo) ed è più grande di Plutone, il nono e ufficialmente ultimo pianeta del Sistema Solare, bisogna riconoscerlo come un pianeta? L’annoso dilemma si trascina da circa 15 anni e si è riacceso la scorsa settimana in seguito a una ricerca pubblicata su Nature, rimbalzata su tutti i giornali, nella quale Frank Bertoldi e i suoi colleghi dell’Università di Bonn e del Max Planck Institute fur Radioastronomie annunciavano che quel puntino luminoso e lontano, fotografato per la prima volta nel 2003 dall’Osservatorio di monte Palomar dagli astronomi del California Institute of Technology di Pasadena e battezzato con la sigla 2003 Ub 313, ha un diametro di circa 3.000 chilometri, cioè supera di 700 quello di Plutone. Quindi Xena, questo il suo nome comune, avrebbe i numeri per diventare ufficialmente il pianeta X, il decimo pianeta del Sistema Solare. Il dibattito è aperto e lo sarà almeno finché l’International Astronomical Union (Iau), a cui spetta l’ultima parola, non esprimerà la sua sentenza. I nodi su cui gli scienziati si confrontano non riguardano solo i criteri per stabilire cosa fa di una palla che gira intorno a una stella un pianeta, ma anche l’incertezza sui dati raccolti dai telescopi. In concomitanza con lo studio di Bertoldi, infatti, il gruppo di ricerca californiano, che rivendica la paternità della scoperta di Xena, presentava i risultati completamente diversi raccolti dall’Hubble Space Telescope. I primi, sulla base delle misure di emissione termica e delle osservazioni ottiche, descrivono Ub 313 come un pianeta di ghiacciato, dove la temperatura tocca i 243 gradi sotto zero, che impiega 500 anni per fare un giro completo intorno al Sole e ha dimensioni maggiori di Plutone. Gli scienziati americani, invece, ribattono che 2003 Ub313 ha una massa appena superiore dell’1 per cento rispetto a Plutone: sarebbe più giusto considerarlo come un suo gemello che come un fratello maggiore. Allora, si tratta di un pianeta oppure no? “È un problema di nome che non cambia la sostanza” risponde Angioletta Coradini, direttore dell’Istituto di fisica dello spazio interplanetario di Roma. La planetologa ci tiene a spostare l’asse della questione sul piano scientifico. “Esiste una regione molto ampia, a circa 100 unità astronomiche (100 volte la distanza Terra-Sole) chiamata fascia di Kuiper, popolata di oggetti di dimensioni variabili, dal diametro di decine, centinaia e migliaia di chilometri, che non raggiungono le grandi dimensioni di pianeti come Giove. In questa bolla che cinge la periferia del Sistema Solare tutto è ghiacciato, anche gli elementi volatili di quattro miliardi di anni fa”. L’interesse degli astronomi non è tanto stabilire se Xena, e la miriade di oggetti simili che si trovano nella zona inesplorata oltre l’orbita di Plutone, siano pianeti, asteroidi o planetoidi. La definizione stessa di pianeta, tra l’altro, è del tutto arbitraria: “Sono oggetti molti diversi fra loro, per massa, dimensioni, composizione chimica, distanza dal Sole e orbita. Quale criterio adottiamo? Nessuno lo ha definito esattamente, ma non è importante”. Quello che conta è che la fascia di Kuiper conserva tracce primordiali del Sistema Solare: “Le temperature estremamente basse hanno mantenuto ghiacciate polveri e gas che formano le comete e che hanno dato origine alla Terra e agli altri pianeti. È proprio per esplorare una zona così remota, che può fornirci informazioni altrimenti perdute, è stata lanciata dalla Nasa la missione New Horizons verso Plutone, e oltre”.La sonda statunitense potrebbe rivelare molti altri oggetti simili a Xena. Le opzioni, a quel punto sarebbero tre: o chiamiamo pianeti tutti quelli che hanno dimensioni superiore a Plutone, o declassiamo Plutone dal rango di pianeta, oppure, e questa sarebbe forse la scelta più indolore, lasciamo tutto così come ci hanno insegnato a scuola: l’ultimo pianeta è Plutone. Così, indipendentemente dalle caratteristiche e dalle dimensioni di corpi che si trovano oltre i suoi confini, l’esplorazione spaziale potrà perseguire i suoi obiettivi senza l’ansia di annunciare ogni volta la scoperta di un nuovo pianeta.

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