Europa unita contro l’Alzheimer

I paesi europei faranno fronte comune contro il morbo di Alzheimer e le altre malattie neurodegenerative. È questo il messaggio che arriva da Stoccolma, dove a metà aprile si sono riuniti i rappresentanti dei principali istituti di ricerca che studiano queste patologie, con lo scopo di dar vita al primo Programma Congiunto sulle Malattie Neurodegenerative (Joint Programming Initiative on combating Neurodegenerative Diseases, Jpnd).

L’iniziativa, promossa da 24 nazioni, dovrebbe accelerare la comprensione dei processi alla base di questi disturbi al fine di sviluppare nuovi metodi per la diagnosi precoce, aprire la strada a trattamenti per la cura e la prevenzione, e aiutare nella pianificazione di un’assistenza sanitaria e sociale efficiente. L’Europa contribuirà al programma con circa due miliardi di euro, che si aggiungono ai quasi 160 milioni già stanziati per finanziare progetti sulle malattie neurodegenerative nell’ambito del VII Programma Quadro (FP7).

Secondo Máire Geoghegan-Quinn, commissario europeo per la Ricerca, l’Innovazione e la Scienza, il Jpnd è il primo esempio di programmazione comune dell’Unione Europea per affrontare nel modo più efficace possibile le grandi sfide sanitarie, sociali, tecnologiche e ambientali, evitando di duplicare gli sforzi. Collaborare a una strategia di ricerca unitaria, infatti, dovrebbe facilitare gli stati dell’Eu a condividere le risorse, contribuendo così anche a raggiungere gli obbiettivi di Europa 2020, la strategia promossa per preparare l’economia europea del prossimo decennio.

Al programma partecipano anche diversi ricercatori italiani, alcuni dei quali sono coinvolti in ruoli decisionali come Adriana Maggi, direttrice del Centro di Eccellenza per le Malattie Neurodegenerative dell’Università di Milano e membro del consiglio esecutivo del Jpnd. Nel comitato scientifico del network troviamo anche Stefano Cappa dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e Laura Fratiglioni, attualmente presso il Karolinska Institutet di Stoccolma.

Le malattie neurodegenerative sono strettamente legate all’età e stanno interessando sempre più persone con il progressivo invecchiamento della popolazione. Oggi circa il 16 per cento dei cittadini europei ha più di 65 anni, ma si stima che nel 2030 questa fascia di popolazione rappresenterà il 25 per cento. Al momento, i mezzi impiegati per trattare queste patologie sono piuttosto limitati e sono rivolti ai sintomi più che alle cause. Gestire le conseguenze dei morbi di Alzheimer o di Parkinson, inoltre, è piuttosto costoso perché queste patologie portano alla disabilità e si protraggono per svariati anni. (m.r.)

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