Prima che Galileo puntasse il suo cannocchiale sulla Luna, un’antica tradizione europea voleva che sulla faccia visibile del nostro satellite fosse rappresentato un volto umano. Che fosse Caino(come voleva la tradizione cristiana), un ladro di pecore (per iromani) o il viso di Giacobbe (stando alla tradizione talmudica) poco importa. Poi lo scienziato pisano dimostrò che quella la faccia della Luna, lungi dal raffigurare un volto umano, era segnata da picchi e valli e che le macchie scure (i mari lunari) che era semplicemente zone d’ombra. Il Mare Imbrium, il Mare Serenitatis e il MareTranquillitatis, in alto, rappresentavano gli occhi, il Mare Nubium, in basso, una bocca spalancata in un urlo silenzioso, e a sinistra, l’immenso Oceano Procellarum definiva l’ombra di una guancia. Smentito che trattasse di un volto, l’origine di questa ampia area della Luna ha continuato però a rappresentare un mistero anche in tempi recenti. Oggi, un nuovo studio realizzato grazie ai dati raccolti dalla missione Grail della Nasa e pubblicato su Nature sembra però averne svelato il segreto: la depressione non sarebbe stata creata dall’impatto con un enorme meteorite, come voleva una delle ipotesi più accreditate, ma da un’antichissima eruzione di lava dall’interno del satellite.
Nello studio, i ricercatori hanno realizzato una mappa della regione (visibile a destra nell’immagine sovrastante) utilizzando i dati raccolti dalle due sonde gemelle della missione Grail. Passando in sequenza sulle stesse aree della Luna, i due apparecchi hanno permesso agli scienziati di misurare microscopiche variazioni nell’attrazione gravitazionale del pianeta, con cui hanno potuto elaborare una mappa che mostra zone di maggiore e minore densità della crosta. In questo modo, quella che appariva come una ampia zona pianeggiante più o meno circolare (riconoscibile nell’immagine di sinistra e in quella al centro), è risultata invece nettamente delineata da un margine di forma poligonale.
Secondo i ricercatori, l’impatto di un asteroide avrebbe prodotto un cratere di forma circolare o ellittica, e quindi l’area (e in particolare l’Oceano Procellarum) deve essersi formata in altro modo. I ricercatori hanno quindi ipotizzato uno scenario differente: quando la Luna, ancora giovane, aveva appena finito di raffreddarsi, un pennacchio di lava sarebbe emerso dall’interno del satellite, e la differenza di temperatura tra il magma bollente e la crosta ghiacciata avrebbe fatto contrarre nel tempo la superficie nell’area dell’Oceano Procellarum, creando un pattern di fratture poligonale da cui la lava avrebbe continuato ad emergere, modellando nel tempo la forma della regione fino a raggiungere quella attuale.
“In che modo questo pennacchio di lava sia arrivato in superficie resta un mistero”, spiega Maria Zuber, ricercatrice dell’Mit che ha coordinato lo studio. “Potrebbe essere causato dal decadimento radioattivo di elementi nel nucleo, o dalla caduta di un enorme asteroide. Nel secondo caso però, tutti gli indizi di un simile impatto sarebbero oggi spariti”.
Credits immagine: NASA/GSFC/JPL/Colorado School of Mines/MIT
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