Salute

L’emarginazione promuove fake news e complottismi

I più propensi a credere a notizie false e a teorie cospiratorie sono le persone che si sentono più escluse dalla società. Persone in cui il senso di “inadeguatezza” alimenta la tendenza a prestare fede alle teorie del complotto. A suggerirlo è uno studio condotto dai ricercatori del dipartimento di psicologia dell’Università di Princeton, che ha mostrato appunto come emarginazione sociale e teorie del complotto vadano spesso a braccetto. Una ricerca che suggerisce come la diffusione di credenze cospiratorie, moltiplicata anche dalla cassa di risonanza dei social, possa essere mitigata rispondendo alle esigenze di inclusione sociale.

La ricerca, in una prima fase, ha coinvolto 119 partecipanti reclutati online, valutando le caratteristiche delle loro personalità e stati d’animo attraverso un questionario, pensato per avere un’idea di condizioni quali appunto l’emarginazione sociale. I ricercatori hanno anche chiesto ai partecipanti di indicare il grado di condivisione di tre teorie del complotto, come “Le case farmaceutiche negano alcune cure per ragioni economiche“, “I governi usano messaggi subliminali per influenzare le decisioni delle persone”, “Gli eventi accaduti nel Triangolo delle Bermuda sono una prova dell’esistenza di attività paranormali”. Il risultato? “Coloro che vivono una condizione di estromissione dalla società, sono più portati a considerare reali storie legate alla superstizione e falsi miti”,  ha spiegato Alin Coman dell’Università di Princeton, tra gli autori del paper.

A completamento dello studio, i ricercatori hanno ingaggiato anche 120 studenti chiamati a fare una descrizione di se stessi al fine di consegnarla ad altri colleghi che, in base ai contenuti, avrebbero deciso se collaborare o meno con loro. In verità, gli studenti non hanno valutato le descrizioni degli altri partecipanti, ma i racconti sono stati usati dai ricercatori per creare due gruppi in maniera arbitraria di “colleghi scelti” e “colleghi non scelti”. L’idea era solo quella di indurre nei partecipanti un senso di esclusione o meno. Bene, sottoponendo gli studenti al test di condivisione di alcune storie, più superstiziose che cospiratorie stavolta in realtà, i più creduloni sono risultati essere proprio quelli appartenenti al gruppo dei “non scelti”. Quelli in teoria dove il senso di emarginazione era maggiore, confermando quanto osservato in precedenza.

Riferimenti: Journal of Experimental and Social Psychology

Marina Dimattia

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