Fecondazione assistita: bambini sani da embrioni “malati”

Alcuni embrioni all’apparenza malati possono auto-ripararsi, e dare origine a bambini sanissimi. È la scoperta che arriva da uno studio dell’European Hospital di Roma, che ha analizzato le possibilità di successo dell’impianto di embrioni aneuploidi a mosaico: portatori di una anomalia cromosomica in alcune delle loro cellule, e per questo considerati fino ad oggi non adatti per la fecondazione assistita. La ricerca, pubblicata sul New England Journal of Medicine, ha permesso la nascita di 6 bambini perfettamente sani, e ora promette di rivoluzionare la pratica della fecondazione assistita.

L’aneuploidia a mosaico è una malformazione piuttosto comune in caso di fecondazione in vitro, in cui una parte delle cellule embionali, ma non tutte, presentano un’alterazione del numero di cromosomi. Gli embrioni composti interamente da cellule aneuploidi danno quasi sempre origine ad aborti spontanei e al fallimento dell’impianto, e per questo, nonostante non fosse chiara la situazione nei casi in cui una parte delle cellule è invece sana, tutti gli embrioni che presentavano alterazioni simili fino ad oggi venivano scartati nel corso della fecondazione assistita.

L’ipotesi da cui sono partiti i ricercatori dell’European Hospital è però che nelle situazioni a mosaico la coesistenza di cellule sane e cellule malate potesse significare che l’embrione si stesse auto-riparando. In questo caso, le cellule malate verrebbero confinate nella regione dell’embrione che darà origine ai cosiddetti annessi fetali come la placenta, senza conseguenze per la riuscita della gravidanza, e per la salute del nascituro.

La possibilità di utilizzare questi embrioni è particolarmente importante, perché si tratta di una condizione estremamente comune in caso di età avanzata della donna, o di ripetuti episodi di aborto, e per alcune coppie rappresenta dunque l’unica possibilità di ricorrere alla fecondazione assistita.

Nello studio, i ricercatori hanno analizzato oltre 3.800 blastocisti (l’insieme di cellule che si formano entro le prime 2 settimane dalla fecondazione), il 5% dei quali è risultato a mosaico. Verificando la situazione caso per caso, gli specialisti hanno scelto 18 coppie in cui procedere con l’impianto di embrioni a mosaico.

Grazie alla diagnosi preimpianto, abbiamo potuto verificare il tipo di alterazione cromosomica presente nelle cellule malate degli embrioni”, ha spiegato a Wired Ermanno Greco, autore dello studio e direttore del Centro di medicina e biologia della riproduzione dell’European Hospital di Roma. “Abbiamo quindi scelto solamente embrioni aneuploidi a mosaico che presentassero anomalie che non permettono di concludere una gravidanza. In questo modo, se l’embrione non si fosse riparato la gravidanza semplicemente non sarebbe andata a buon fine, e non le coppie non hanno quindi corso il rischio di dare alla luce un figlio affetto da una patologia genetica”.

Dagli impianti, i primi al mondo di questo tipo, sono nati 6 bambini perfettamente sani, dimostrando che anche questi embrioni possono essere utilizzati con sicurezza per la fecondazione assistita. La scoperta avrà ora conseguenze profonde da un punto di vista clinico, perché apre le porte all’utilizzo di embrioni considerati un tempo malati, e permetterà di diminuire il ricorso alla stimolazione ovarica.

via Wired.it

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