Fermiamo il Wto

    Susan GeorgeFermiamo il WtoFeltrinelli , 2002pp. 100, euro 7,00Ordina su IbsSono passati tre anni da quando Josè Bovè e i suoi colleghi produttori del latte utilizzato per il formaggio roquefort smontarono un McDonald’s a Seattle per manifestare contro la riunione del World Trade Organization (Wto). Eppure l’Organizzazione Mondiale del Commercio continua a operare secondo i propri poteri coercitivi e a considerare il commercio un valore supremo, da anteporre a qualsiasi altra nozione politica, culturale, sanitaria o ecologica. Nell’interessante volume “Fermiamo il Wto”, l’economista Susan Gorge, vicepresidente di Attac Francia, analizza la genesi, l’ideologia, il funzionamento e alcuni casi significativi del modo di operare di questa organizzazione. E precisa la posizione e le proposte della propria associazione. Attac, infatti, non è contraria al commercio ma crede nella necessità di una nuova regolamentazione. Quindi si al commercio, si alle regole, ma no a quelle del Wto, perché favoriscono anzitutto gli interessi delle società transnazionali e nascondono grandi rischi per i cittadini, la democrazia e i valori umani. Qualche dato: secondo l’ultimo Rapporto della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad) sugli investimenti nel mondo, esistono circa 60 mila società transnazionali che dispongono di quasi mezzo milione di filiali. Si tratta per lo più di imprese piccole, ma i poteri maggiori sono in mano delle 100, 200 o 500 società più grosse. Ciò che colpisce è il fatto che le prime 200 società transnazionali gestiscono un quarto circa del prodotto mondiale lordo. E sempre secondo le Nazioni unite, un terzo del commercio mondiale consiste in realtà in scambi tra filiali o tra filiale e casa madre della stessa compagnia transnazionale. I pericoli generati dal modo di operare del Wto, secondo Susan Gorge, sono molteplici, come per esempio indebolire o eliminare i servizi del settore pubblico, far fallire i piccoli agricoltori, penalizzare ancora di più i Paesi svantaggiati, ridurre la prerogativa dei governi di proteggere e offrire garanzie a propri cittadini. Di fronte a questo scenario, infatti, l’autrice elenca in dieci punti le proposte alternative di Attac a favore di un commercio più equo. Obiettivo: la totale trasformazione o abolizione dell’attuale Organizzazione Mondiale del Commercio. E la speranza che tutte le persone sensibili a questi problemi possano formare un fronte unico per lottare a favore di un ordine mondiale più giusto anche in termini commerciali.

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