Filosofia della femminilità

Nicla Vassallo
Donna m’apparve
Codice edizioni 2009, pp. 168, euro 18,00

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Filosofa e scienziata, Nicla Vassallo ha preso il timone e sette donne (Eva Cantarella, Francesca Rigotti, Laura Boella, Claudia Mancina, Claudia Bianchi, Alessandra Tanesini, Pieranna Garavaso) si sono messe ai remi di questo libro per vogare insieme. Ci sono indubbiamente riuscite; la timoniera, con un prologo e un epilogo, ha dato la rotta e tirato le somme della traversata, facendo dire (in quarta di copertina) a Lella Costa: “Se c’era un modo per smontare gli stereotipi del femminile senza uccidere il senso della differenza, Nicla Vassallo e le sue brillanti amiche filosofe l’hanno centrato in pieno!”.

“Smontare gli stereotipi senza uccidere il senso della differenza” mi sembra una sintesi geniale del significato di questo libro. Prendo lo spunto dalla conclusione di Alessandra Tanesini al capitolo 6, “Oggettività”, di cui è l’autrice, per citare: “L’ideale di oggettività assoluta è una chimera che ha risultati controproducenti”. Già. Bisogna prendere i fatti nella loro varietà, che non sta nei fatti stessi ma nelle interpretazioni, quindi nei punti di vista, quindi nelle culture. E poi sforzarsi di introdurre criteri di scelta, fondati irrinunciabilmente su criteri compatibili con la massima limitazione del danno interspecifico così come deriva da conflitti di interessi: perché non convincersi, allora, che il rispetto tra esseri umani, quando supera le differenze biologiche invece di approfittarne, è una regola di ottimizzazione biologica di carattere strettamente evolutivo? Io ci credo: e per questo motivo, non sopporto l’invenzione di dio in quanto espediente retorico, peraltro banale, a copertura del potere dei maschi; non sopporto l‘esistenza della violenza e delle armi, per sottomettere chicchessìa; non sopporto le tradizioni culturali che danno per scontato il ruolo subordinato della donna solo perché storico; e così via.

Le donne hanno subìto più repressione (in tutte le forme più subdole: fino al comandamento “Non desiderare la donna d’altri”) degli uomini e il fenomeno è ancora sotto gli occhi di tutti, giorno per giorno. Per facilitare questa repressione, si è fabbricato un repertorio che filtra già nel linguaggio dei bambini, poi degli adolescenti, poi degli adulti e infine dei vecchi; e da secoli non siamo riusciti a scalfirlo, senza apprezzabili differenze di mentalità profonda tra europei o talebani.

Questo libro è utile e equilibrato. Mi ha reso felice: da anni, come professore, avevo constatato piccole preziose cose che mostrano come tutta la nostra retorica comunicativa sia uno strumento del potere maschile costruito per concedersi di sbagliare senza pagare. Colgo l’occasione per ringraziare le mie studentesse che sapevano dire “Non lo so”, oppure “Non ho capito” senza espedienti per farsi perdonare, ma per sana onestà intellettuale. Vorrei solo dire a Nicla e alle sue compagne di libro che, se non si addomestica e ridimensiona la cultura dominante (non certo quella scientifica) il cammino dell’equità sarà troppo lento.

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