Forza cemento

Un investimento complessivo di oltre 141 miliardi di euro (45 per cento destinato al Mezzogiorno), 2,76 miliardi stanziati quest’anno e altri 20 per gli anni 2003-2004, con una ricaduta occupazionale prevista nel triennio di circa 1.200.000 unità. Il tutto per realizzare 250 opere, di cui 19 prioritarie. Il 67 per cento degli interventi è diretto alla rete stradale e autostradale, il 30 per cento a quella ferroviaria e il tre per cento a valichi e trafori. Sono questi i numeri della Legge Obiettivo (L. 443/2001), il piano delle “grandi opere strategiche di preminente interesse nazionale” voluta dal governo. Che ha anche ottenuto dal Parlamento, per i prossimi due anni, le deleghe necessarie a definire il quadro normativo per la realizzazione delle infrastrutture e l’approvazione dei progetti. Tra questi, quello del ponte sullo stretto di Messina, presentato ieri dal Presidente del Consiglio, e dell’autostrada della Maremma, fonte di aspre polemiche fra ambientalisti, enti locali e il ministro per le Infrastrutture e i Trasporti. Tanto da indurre alcune Regioni, Toscana, Emilia, Marche e Basilicata, a chiedere l’intervento della Corte Costituzionale. Per capire le ragioni del dissenso, Galileo ha intervistato Edoardo Zanchini, responsabile nazionale trasporti di Legambiente.Qual è il giudizio di Legambiente sui provvedimenti adottati dal governo?“L’approccio ricorda i vecchi provvedimenti legislativi per il Mezzogiorno. La novità è nella scelta di puntare su soggetti privati in una materia di preminente interesse pubblico. La relazione che accompagna il decreto di attuazione del provvedimento parla chiaro: “Spendere di più, meglio e in fretta e creare le condizioni per un ruolo centrale dell’imprenditoria privata in tutte le fasi di organizzazione dei lavori pubblici”. Non a caso, tutti i meccanismi predisposti dalla legge sono pensati soprattutto per le infrastrutture in grado di ripagarsi, almeno in parte, dell’investimento e per facilitare i concessionari, così da poter realizzare tutte le opere per le quali c’è anche una minima possibilità di reddito». Qual è lo spirito della legge?“Quella di concentrarsi sulle opere piuttosto che sul contesto in cui vengono realizzate. Un modo abile per semplificare temi complessi e mettere in secondo piano i problemi di sviluppo, degrado, arretratezza e squilibrio delle diverse parti del nostro Paese. La legge opera come se le autostrade passassero nel deserto del Nevada, come se tra Ravenna e Venezia non ci fosse il delta del Po e le Valli di Comacchio. Ignora che tra Livorno e Civitavecchia ci sono le colline incontaminate della Maremma…”.E la Valutazione di Impatto Ambientale?“Con la riforma la Via è stata svuotata di senso: un passaggio breve e sostanzialmente inutile. In precedenza, la Valutazione era una decisione tecnica e vincolante sulla compatibilità del progetto. Oggi questa fase è limitata al massimo a sei mesi. E poi potrebbe non essere vincolante. In caso di controversie, il Presidente del Consiglio ha facoltà di dire l’ultima parola. Un altro aspetto delicato è l’esenzione dalla Via delle opere a carattere d’urgenza, una procedura questa che rischia dare luogo a un elenco di opere straordinarie infinito. Invece in Europa la Via è uno dei passi più importanti per la programmazione e la localizzazione delle opere pubbliche. Uno strumento essenziale per capire cosa serve davvero al territorio e allo sviluppo, quali interventi abbiano senso da un punto di vista finanziario e ambientale. Nel nuovo modello italiano invece la Via è l’unico passaggio di valutazione del progetto al di fuori del rapporto affidatario-realizzatore, e riguarda solamente la fase preliminare. L’informazione e la partecipazione dei cittadini o delle associazioni, così come la possibilità di accedere agli atti e di presentare osservazioni, non è contemplata. Che ruolo potranno avere gli enti locali?“La legge obiettivo è un ritorno al centralismo: il governo ha scelto di riportare in seno allo Stato attribuzioni e competenze riferite a opere, lavori, interventi. Gli enti locali vengono coinvolti solo dopo che l’opera è già stata decisa, cioè a partire dal progetto definitivo e dalla conclusione della gara di appalto. Come se non bastasse, le loro osservazioni o proposte potranno riguardare solo aspetti che, cito dalla legge, “non modificano la localizzazione e le caratteristiche essenziali delle opere, nel rispetto dei limiti di spesa”. Sostanzialmente, su un progetto già definito e appaltato, i Comuni coinvolti non avranno alcun potere decisionale. Addirittura il Ministro aveva proposto una misura di stampo feudale, un rimborso-pedaggio ai comuni attraversati dalle opere previste. Il problema però riguarda anche le Regioni. Il loro ruolo sarebbe quello di un semplice tramite tra Stato e Comuni, anch’esso privo di garanzie decisionali. La legge obiettivo dovrebbe essere una legge quadro per le Regioni, invece siamo di fronte a una legge delega che attribuisce al governo un potere quasi assoluto ed estremamente dettagliato”.Gli investimenti previsti dalla legge sono notevoli. Come verranno gestiti i finanziamenti?“La lista di 250 opere, passibile di allargamento, è chiaramente una scommessa difficile da gestire economicamente. Il governo cerca da un lato di fornire un sistema certo di garanzie agli imprenditori e dall’altro di limitare i controlli e i tetti di spesa legati al Patto di stabilità europeo. La soluzione, com’è noto, sta nella creazione della “Infrastrutture SpA”, fuori dal bilancio dello Stato e dalla contabilità legata al debito pubblico. Questa società potrà emettere obbligazioni, usufruire dei fondi della Cassa Depositi e Prestiti, ottenere finanziamenti dalle Fondazioni bancarie, recentemente rinnovate. Ma il ‘project financing’ con società simili a questa è diffuso in Europa…In Germania, Francia e Inghilterra, però, il numero delle opere finanziate è minimo. Si ricorre a questi strumenti per quelle poche opere eccezionali di priorità nazionale. E poi, diversamente dall’Italia, i costi e i rischi della costruzione sono totalmente a carico dell’impresa mentre lo Stato continua a finanziare le infrastrutture di interesse pubblico che non hanno abbastanza margini di redditività. La legge Lunardi invece finanzia a pioggia tutto. Lo scenario più probabile è che si avvierà la fase di progettazione e si poseranno tante ‘prime pietre’ che difficilmente vedranno la luce attraverso strumenti legislativi di questo tipo”.

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