Fragile Italia

Il centro storico di Roma, la Puglia, l’Emilia Romagna e ampie zone del Molise. Sono tutte zone che non sono mai comparse in una mappa sismica, ma che ora risultano esposte a rischio di terremoti. Così come tutto il territorio italiano. È la novità contenuta nella nuova mappa di pericolosità sismica elaborata da dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), coordinato da Massimiliano Stucchi, che fotografa l’Italia come un paese molto fragile. La carta, presentata il 10 marzo scorso in occasione del seminario “Verso il 32º congresso geologico internazionale in Italia” svoltosi presso il Cnr, sarà consegnata ufficialmente alla Protezione Civile il 20 marzo.

“Una vera e propria rivoluzione copernicana”, come l’ha definita Enzo Boschi, presidente dell’Ingv, “che vede tutto il paese a rischio di terremoti ma che permetterà alle Regioni di dettare le norme antisismiche per la costruzione di edifici e opere pubbliche”. Scompaiono quindi le “zone non classificate”, cioè quei comuni che nella precedente carta sismica del 1984 non erano ritenute a rischio sismico. Un esempio: San Giuliano di Puglia, il paese del Molise famoso per il crollo della scuola durante il terremoto del 31 ottobre 2002. Vale a dire, dunque, che tutto il paese è a rischio. La mappa, infatti, introduce una classificazione a zone, con quattro categorie di pericolo, ciascuna con i propri livelli di protezione da adottare.

La prima comprende i comuni di tutto l’arco appenninico centrale e meridionale e dell’estremità orientale dell’arco alpino, che possono essere colpiti da terremoti di magnitudo 6 e 7 della scala Richter o da terremoti meno violenti ma più frequenti. Per esempio i comuni dell’Irpinia, colpiti dal terremoto del 1980, e quelli dell’Umbria e delle Marche, colpiti dalla sequenza di Colfiorito del ‘97-’98. Nella seconda e nella terza categoria è compresa gran parte del territorio nazionale, da nord a Sud, ovvero le località a rischio di piccoli terremoti vicini di magnitudo minore a 5 gradi Richter, o più lontani ma di magnitudo più alta. Fra questi rientra il centro storico di Roma, che può subire dei danni a causa di modesti terremoti dei Colli Albani, o da quelli più forti di Avezzano. Infine, la quarta categoria riguarda isole come la Sardegna, il “tallone” della Puglia e la Pianura padana centro- occidentale.

Le novità riguardano anche gli strumenti che hanno permesso l’elaborazione della nuova carta. Per la prima volta le zone sismiche sono individuate da un parametro fisico, chiamato “ag”, cioè “accelerazione di gravità”, che indica il massimo scuotimento del terreno prevedibile per ogni luogo. La mappa è anche un contributo alla prevenzione e alla limitazione dei rischi sul territorio e sul patrimonio abitativo e monumentale che allinea l’Italia ai paesi più avanzati per quanto riguarda il sistema normativo antisismico.

Nel nostro paese non si verificano spesso terremoti distruttivi, ma l’impatto sulla società, sul territorio e sull’enorme patrimonio artistico e culturale resta comunque grande. “L’attività di monitoraggio in tempo reale delle zone esposte a rischio”, ha spiegato Enzo Boschi, “è fondamentale per le opere di prevenzione e rappresenta un impegno, economico e di risorse umane, quantomeno paritario rispetto alle attività di pura ricerca”. Il lavoro è il frutto delle conoscenze accumulate negli ultimi anni: lo studio del potenziale sismogenetico delle faglie attive, l’elaborazione di affidabili scenari eruttivi, la ricostruzione dell’evoluzione sismica del territorio nel tempo sono solo alcuni dei campi di studio che hanno impegnato i ricercatori italiani. Che hanno permesso di capire dove e in che sequenza avverranno i terremoti catastrofici. Una certezza in più, dunque, sulla quale si devono basare le opere di prevenzione per la protezione delle vite umane e la salvaguardia del patrimonio italiano, che richiedono finanziamenti adeguati e un costante sviluppo delle infrastrutture di ricerca, con l’aggiornamento dei sistemi di osservazione ma anche la creazione di laboratori sperimentali. Solo in questo modo i risultati scientifici saranno utili alla limitazioni dei rischi e alla convivenza con i fenomeni che potrebbero colpire il nostro territorio.

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