La fuga di Pontecorvo? Un “errore” dell’MI5

Nell’ottobre del 1950, la fuga in Unione Sovietica del fisico italiano Bruno Pontecorvo fu sul punto di far saltare un importante accordo fra servizi segreti inglesi e statunitensi. Lo rivelano documenti riemersi del britannico Foreign Office resi pubblici nei giorni scorsi: due fascicoli rimasti segreti per oltre cinquant’anni grazie al Public Records Act, la legge che consente di trattenere documenti ritenuti ancora ‘sensibili’ agli uffici che li hanno emessi. Le 50 cartelle ora disponibili presso l’archivio di Stato a Londra (Public Record Office) gettano nuova luce sulla fuga di Pontecorvo e sul suo ruolo presso il laboratorio nucleare di Harwell, ma soprattutto sulle conseguenze della sua fuga sui rapporti tra servizi segreti statunitensi e britannici. Le carte svelano l’”errore” dell’MI5, l’intelligence inglese, che, pur essendo sapendo della pericolosità del fisico, schedato come comunista, non gli impedì di fare le valige per partire, ufficialmente, per le vacanze, in realtà, per stabilirsi definitivamente in Unione Sovietica. Così il “caso Pontecorvo”, da sempre considerato di secondo piano rispetto alla vicenda dello scienziato tedesco Klaus Fuchs, la ‘vera’ spia atomica, assume un nuovo significato: Pontecorvo, segnalato da tempo come pericoloso, riuscì a fuggire grazie a una svista del sistema di sicurezza inglese. Portando con sé le sue non indifferenti conoscenze di fisica nucleare.

Chi era veramente Pontecorvo?

Sebbene subito dopo la fuga di Pontecorvo, diversi scienziati lo definissero come uno dei fisici più importanti ad Harwell, tale informazione fu subito smentita da George Strauss, il ministro britannico responsabile del laboratorio (Ministry of Supply, il ministero designato all’approvvigionamento di materiali per la difesa). Il 24 ottobre 1950 Strauss riferì sul caso alla Camera dei Comuni, dichiarando che il fisico italiano aveva accesso “limitato” a informazioni riservate su progetti nucleari. In realtà, già nell’aprile di quell’anno, a seguito di investigazioni sul suo conto, Pontecorvo era stato costretto a rinunciare al suo incarico ad Harwell. E i servizi segreti britannici avevano raccomandato di accelerare le dimissioni del fisico in quanto “ha accesso a informazioni top secret e dal punto di vista della sicurezza interna la sua presenza rappresenta un rischio”. Esattamente il contrario di quanto poi dichiarato da Strauss ai parlamentari britannici. Tra l’altro, proprio per la sua presunta pericolosità, Pontecorvo era stato invitato a trasferirsi dal gennaio 1951 all’Università di Liverpool come professore universitario.

Nella sua relazione in parlamento, Strauss aveva anche omesso elementi specifici su Pontecorvo che erano invece presenti nel rapporto più dettagliato che lo svizzero Egon Bretscher, uno dei dirigenti scientifici di Harwell, aveva preparato per lui. Diversi brani di quella relazione sono ora consultabili tra i fascicoli trasferiti nell’archivio di Stato inglese. Bretscher aveva chiarito che Pontecorvo aveva accesso al programma britannico per lo sviluppo dei reattori nucleari in quanto membro del Power Steering Committee, sede in cui si discutevano gli aspetti tecnici di diversi progetti, tra cui il design dei reattori nucleari, nonché i primi studi di reattori per sommergibili. Non solo: “Pontecorvo non ha mai partecipato a ricerche sulla bomba atomica”, aveva riportato Bretscher, “tuttavia un fisico dalle qualità eccezionali come lui sarebbe di grande valore se ammesso a collaborare al progetto nucleare sovietico”.

Pontecorvo era quindi un fisico di primo livello e la sua possibile fuga, nonostante le parole del ministro Strauss, fu motivo di grande preoccupazione presso gli uffici governativi britannici. La conferma viene appunto dalla corrispondenza tra il Foreign Office e l’ambasciata britannica a Washington ora resa disponibile. Il 20 ottobre un telegramma cifrato “top secret” fu inviato dall’ambasciata britannica a Washington con lo scopo di avvertire immediatamente il Dipartimento di Stato statunitense e la Atomic Energy Commission della situazione di emergenza: “Stiamo facendo il possibile per tenere la storia segreta… e faremo il possibile per ‘minimizzare’ [play down’] l’intera vicenda… ma sembra che le cose potrebbero prendere una brutta piega”.

Le preoccupazioni del FO erano relative soprattutto al fatto che la fuga di Pontecorvo e il clamore che aveva suscitato emergevano poche settimane prima di un negoziato fra Stati Uniti, Canada e Regno Unito per lo scambio di informazioni sulla ricerca nucleare. Dal 1946 in poi infatti, gli Stati Uniti avevano imposto la fine dello scambio di conoscenze scientifiche che aveva caratterizzato il periodo della guerra. Informazioni sulle ricerche nucleari potevano essere scambiate solo su aspetti specifici e limitati. Gli americani non vedevano di buon occhio lo scambio di informazioni in quanto temevano che gli inglesi le avrebbero usate non tanto per accelerare la produzione di energia elettrica attraverso reattori nucleari, quanto per velocizzare la produzione di plutonio, il materiale che può essere usato sia come combustibile per reattori che come esplosivo nelle bombe atomiche. Subito dopo la scomparsa di Pontecorvo, un funzionario dell’ambasciata britannica a Washington scriveva a Londra meravigliandosi che i giornali americani avessero dato poco risalto alla notizia: “Qui confidiamo che nessuno disturbi il ‘can che dorme’ [let the sleeping dog lie] e speriamo che l’intera storia venga presto dimenticata. La mia preoccupazione è di assicurare che il caso Pontecorvo non rovini il negoziato sul piano del Pentagono per la cooperazione trilaterale”.

Coperture incrociate sulla fuga di Pontecorvo

Ma gli occhi dei servizi segreti inglesi rimangono puntati sulla stampa internazionale fino a novembre: ala fuga di Pontecorvo doveva essere dato il minimo risalto possibile, pena lo smascheramento dell’ingenuità britannica. Il rischio era rappresentato in prima battuta da quanto avrebbe potuto rivelare l’FBI. Nel 1943, un controllo dei servizi segreti statunitensi presso la casa di Pontecorvo in Oklahoma aveva rivelato che il fisico possedeva libri e pamphlet sul comunismo. L’informazione era stata passata al British Security Co-ordination (BSC) di New York, l’agenzia di controllo sul personale britannico che lavorava negli Usa durante la guerra. Il BSC tuttavia non la prese in considerazione e Pontecorvo fu quindi assunto dagli inglesi nel progetto anglo-canadese senza alcuna riserva. Il BSC fu smantellato alla fine della guerra e quando lo scienziato venne assunto ad Harwell, nel 1948, la sua cartella era priva di elementi che avrebbero potuto fermare la sua assunzione. E’ solo nel marzo del 1950 che i servizi segreti inglesi cominciano a sospettare di Pontecorvo, grazie anche a una nota informativa dei servizi svedesi, che descrivono lui e sua moglie (svedese) come “comunisti dichiarati”. Nell’ottobre 1950, quindi, gli inglesi temono che l’FBI riveli la mancanza di attenzione degli inglesi per la loro nota informativa del ‘43. L’FBI era in generale pronto a evitare di fare comunicazioni ufficiali sul caso, ma se membri del Congresso americano (in particolare il Senatore Joseph McCarthy, noto protagonista della ‘caccia alle streghe’) avessero fatto delle interrogazioni parlamentari, allora l’Agenzia sarebbe stata costretta a tirar fuori l’intera storia e incolpare i servizi britannici. E questo evento avrebbe rimesso in discussione gli accordi tra FBI e MI5 allora vigenti secondo cui “nessuna delle due organizzazioni avrebbe detto nulla circa le azioni dell’altra senza una preventiva consultazione e accordo”. Per tale ragione, uno dei documenti inviato dall’ufficiale della sicurezza di Harwell e relativo al passato di Pontecorvo (anch’esso nel fascicolo recentemente reso pubblico) fu classificato secondo la dicitura speciale “Secret and Guard”.

Dai documenti ora consultabili appare quindi chiaro che quello che sembrò inizialmente solo una fuga dall’altra parte della Cortina di Ferro fu invece l’origine di una situazione di reale emergenza in Gran Bretagna: in un colpo solo importanti e strategiche conoscenze erano passate al nemico e si rischiava di compromettere gravemente sia i rapporti diplomatici che quelli fra servizi segreti con il maggior alleato, gli Stati Uniti. Gli americani tuttavia non diedero eccessiva importanza alla faccenda, un evento che meravigliò diversi membri consolari inglesi a Washington e di fatto salvò sia il credito dei servizi segreti che i negoziati trilaterali.

* Simone Turchetti è dottorando in Storia della Scienza presso il Centro di Storia della Scienza, Tecnologia e Medicina all’Università di Manchester.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here