Gara di velocità per l’evoluzione

Un insieme di tratti fisiologici apparentemente non correlati hanno concorso all’evoluzione della specie umana rendendoci abili corridori. È quanto ha annunciato un’équipe di antropologi delle Università di Harvard e dello Utah in un articolo su Nature. Secondo lo studio, all’alba dell’evoluzione umana, durante il passaggio da scimpanzè a Homo Erectus, la concomitanza di alcuni fattori apparentemente non collegati fra loro ha reso i primi umani estremamente resistenti alla corsa. In tal modo è stato loro possibile competere per la sopravvivenza con gli altri animali dotati di quattro zampe. E sarebbe proprio allora che gli umani avrebbero acquisito i caratteri distintivi che ancora oggi mantengono. Le trasformazioni che avrebbero reso gli ominidi dei velocisti in confronto ai più lenti scimpanzè sarebbero legate alla forma della base del cranio, delle spalle, dei tendini e delle natiche. La stranezza delle nuove forme avrebbe consentito al corpo umano di assumere quelle caratteristiche cinetiche che lo avrebbero reso adatto alla corsa. E grazie alla corsa i nostri antenati avrebbero potuto competere con gli altri carnivori per procacciarsi il cibo necessario allo sviluppo delle dimensioni del cervello così come l’abbiamo oggi. La ricerca era iniziata con lo studio delle caratteristiche che differenziavano gli animali lenti (per esempio i maiali) da quelli veloci (cavalli o cani). E tutte queste caratteristiche coincidevano proprio con quelle che distinguevano gli ominidi australopitechi dalla successiva specie di Homo Erectus. Non restava che concludere che era proprio la corsa ad aver dato la spinta decisiva all’evoluzione. (m.cap.)

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