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Genetica, il primo figlio con due papà (e senza mamma)

“ Una nuova forma di riproduzione dei mammiferi”, così è stata chiamata dagli scienziati che l’hanno messa a punto. È la tecnica che permette di ottenere una progenie di topi a partire da due padri (quella con due madri ormai è storia vecchia). A riuscire per la prima volta nell’impresa, che diventerà una pietra miliare della ricerca genetica , i ricercatori dell’ Anderson Cancer Center dell’ università del Texas negli Stati Uniti con uno studio pubblicato su Biology of Riproduction.

Per ottenere questo straordinario risultato, gli scienziati hanno manipolato alcune cellule del tessuto connettivo (fibroblasti) di un primo topolino per ottenere una linea di cellule staminali pluripotenti indotte (o iPS). Queste cellule, generate per la prima volta quattro anni fa da Shinya Yamanaka e dal suo gruppo di ricerca dell’ università di Kyoto, possono dare origine a diversi tipi di tessuto.

Ora i ricercatori statunitensi hanno notato che circa l’1 per cento delle cellule prodotte a partire dalle iPS ottenute con i fibroblasti del topo maschio perdono spontaneamente il cromosoma maschile Y, diventando cellule con corredo X0.

Partendo da questa osservazione, gli studiosi hanno messo a punto una tecnica molto complessa. Per prima cosa hanno iniettato le cellule X0 in blastocisti di topi (ovvero in embrioni nelle primissime fasi di sviluppo). Queste blastocisti “modificate” sono state poi impiantate nell’utero di alcune topoline, che hanno così dato alla luce una progenie femminile con cromosomi sessuali X0/XX (in cui l’X singola derivava direttamente dai fibroblasti del primo maschio).

Una volta raggiunta l’età riproduttiva, questa progenie femminile è stata fatta accoppiare normalmente con dei topi. Da questa unione sono nati cuccioli maschi e femmine il cui Dna proviene sia dal loro padre, sia dal primo topo. Usando la fecondazione in vitro, sostengono i ricercatori, si potrebbe eliminare persino la necessità delle madri X0/XX.

Dal punto di vista puramente tecnico si tratta di uno studio destinato a far storia. Tuttavia, le applicazioni pratiche sono ancora abbastanza lontane. La più probabile, secondo gli studiosi, potrebbe essere l’uso della tecnica per la salvaguardia di specie a rischio estinzione.

Fonte: wired.it

Caterina Visco

Laureata in Scienze Biologiche, ha lavorato come web content editor per il portale medico Yahoo!Salute. Nel 2009, dopo uno stage a Internazionale, approda a Galileo, dove, oltre contribuire alla produzione dei contenuti, è community manager e coordinatrice della redazione. Scrive per diverse testate giornalistiche tra cui L'espresso, Wired, Le Scienze, Mente e Cervello, Nova - Sole 24 ore, Il Venerdì di Repubblica.

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  • Ho trovato l'articolo molto interessante. Vorrei porre una domanda: il DNA mitocondriale come è stato sostituito?
    Grazie.
    Attendo risposta.

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