Giallo in Cornovaglia

Sei squali elefante sono stati trovati spiaggiati in diversi punti delle coste della Cornovaglia. La notizia, di metà giugno scorso, ha destato la forte preoccupazione dei biologi marini specializzati nello studio degli elasmobranchi (ordine a cui appartengono, oltre agli squali, anche le razze). Il fenomeno, abbastanza comune per i cetacei, non è del tutto usuale per gli squali e, soprattutto, per un numero così elevato di esemplari. Ciò che desta apprensione nei ricercatori è la causa degli spiaggiamenti, al momento sconosciuta. In un primo tempo il dito era stato puntato verso le enormi reti da pesca utilizzate dalle flotte di pescherecci francesi e scozzesi che incrociano le acque della zona, ma da un più attento esame delle carcasse sembra che solo per uno dei sei esemplari si possa avanzare l’ipotesi di un intrappolamento accidentale nelle reti che ne abbia causato la morte per soffocamento. “Si tratta di esemplari giovani e apparentemente sani”, dice Caroline Curtis, volontaria del Cornwall Wildlife, “perciò non vedo per quali ragioni possano aver fatto una fine simile”. Forte preoccupazione per l’evento è stata espressa dai responsabili del Marine Conservation Society’s Sharkwatch Project che lo hanno descritto come “fortemente inusuale ed estremamente preoccupante” invitando tutti, dai subacquei ai semplici turisti, a segnalare ai responsabili dello Sharkwatch Project qualsiasi avvistamento di nuovi esemplari. Lo spiaggiamento dei sei squali elefante è solo uno dei capitoli di una storia che vede ormai da anni l’inesorabile declino delle popolazioni di squali appartenenti alle specie più varie: dal bizzarro squalo martello, il cui numero di esemplari nelle acque del Golfo del Messico si è ridotta di oltre l’80 per cento negli ultimi 15 anni, all’affascinante “pinna bianca oceanico” (Carcharhinus longimanus), un tempo abbondantissimo nelle acque di tutto il mondo e ora dichiarato specie a rischio di estinzione.”Sono decine di milioni gli squali uccisi ogni anno a scopi commerciali e la loro fine, se non verrà posto immediatamente un freno a questo sterminio, è ormai segnata”, avverte Riccardo Sturla Avogadri, presidente di Shark Academy, un’associazione non a scopo di lucro impegnata nella salvaguardia di questi animali. “E insieme agli squali, è l’intero equilibrio dell’ecosistema marino a essere in pericolo”. Utile al fine di salvaguardare l’esistenza di questi animali la loro marcatura, così da seguirne gli spostamenti. Per farlo Sturla Avogadri usa una tecnica chiamata “Relax Immobility” che consente all’operatore di portare gli squali in uno stato di rilassamento profondo, inducendoli all’immobilità. “Questa tecnica si basa sulla stimolazione manuale delle ampolle di Lorenzini, minuscoli organi di senso che trovano sede sul muso degli squali e che li assistono nelle ultimissime fasi della predazione” spiega il ricercatore. “Porre lo squalo in rilassamento consente al pretender o ai subacquei di supporto di eseguire alcune operazioni quali la marcatura dell’animale, l’esecuzione di prelievi di sangue, la rimozione di ami dalla bocca e di parassiti dal corpo, evitando ricorrere all’uso di esche, ami e altre tecniche invasive, tradizionalmente impiegate dai ricercatori per avvicinare e immobilizzare questi animali”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here