Ambiente

Perché il Giappone vuole riaprire la caccia alle balene

È una decisione clamorosa quella appena annunciata dalle autorità governative giapponesi, ma non del tutto inaspettata. Dal prossimo anno, infatti, il Giappone riprenderà la caccia alle balene a scopo commerciale nelle sue acque territoriali, confermando così il suo ritiro dall’International Whaling Commission (Iwc), l’istituzione internazionale che ha il compito di tutelare i cetacei e regolamentarne la caccia a livello globale.

Il capo di gabinetto giapponese Yoshihide Suga ha precisato che la decisione è stata presa, comunque, nell’interesse di un “uso sostenibile” delle risorse marine. “Ritirandoci, il pensiero della nostra nazione in termini di cooperazione con la gestione internazionale delle risorse marine non cambia”, ha detto Suga. “Parteciperemo all’Iwc in qualità di osservatori (fino a luglio 2019, nda) e, mantenendo legami con le organizzazioni internazionali, la nostra nazione continuerà a contribuire alla gestione delle risorse di balene sulla base di principi scientifici”. Una decisione, visti i precedenti, che non convince gli stati membri né tanto meno gli ambientalisti.

Il Giappone e la caccia alle balene

L’annuncio del Giappone, dicevamo, non è stato del tutto inatteso: la decisione di ritirarsi, infatti, non è altro che il culmine di un ampio divario ideologico tra le nazioni anti-caccia e quelle, invece, che come il Giappone cercano una legittimazione delle attività di caccia alle balene per scopo commerciale. Il Giappone, inoltre, aveva preannunciato di lasciare l’Iwc già durante il meeting annuale dell’Iwc, tenuto in Brasile il 14 settembre scorso. Nel corso del convegno il paese del Sol Levante aveva tentato di proporre all’Iwc eventuali riforme che avrebbero potenzialmente posto fine alla moratoria (imposta dall’Iwc nel 1986 nel tentativo disperato di impedire l’estinzione di alcune specie di balene) e aprire così la strada a una ripresa della caccia alle balene a scopo commerciale.

Una caccia inutile

In questi decenni il Giappone ha continuato ad uccidere le balene, giustificando queste operazioni con le motivazioni della ricerca scientifica. Il Paese, infatti, è stato più volte accusato di servirsi di questa giustificazione per poter cacciare centinaia di balene ogni anno e venderne poi la carne nel mercato interno. Tuttavia, i dati di un recente rapporto dell’Animal Welfare Institute, riportati dal Guardian, dimostrano come la caccia alle balene sarebbe del tutto inutile non solo dal punto di vista scientifico ma anche alimentare: il consumo della loro carne è diminuito drasticamente dagli anni del dopoguerra. Negli anni Sessanta si parlava di 200mila tonnellate all’anno, il consumo negli ultimi anni è crollato a 5mila.

La condanna degli ambientalisti

La decisione del ritiro del Giappone ha scatenato la disapprovazione da parte delle associazioni di attivisti e ambientalisti. “La dichiarazione non è al passo con la comunità internazionale, per non parlare della protezione necessaria per salvaguardare il futuro dei nostri oceani e queste maestose creature. Il governo del Giappone deve agire con urgenza per preservare gli ecosistemi marini, invece di riprendere la caccia alle balene per scopo commerciale”, ha riferito in una nota Sam Annesley, direttore esecutivo di Greenpeace in Giappone, evidenziando come il Paese abbia deciso di dare l’annuncio proprio alla fine dell’anno, nel tentativo di farlo passare inosservato, lontano dai riflettori e dai media internazionali.

Credit immagine: Erik Christensen/Wikimedia Commons

Alessandro Di Bitonto

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