Giappone: cos’è successo finora

11 marzo 2011: un terremoto di magnitudine 9 colpisce il Nord del Giappone. Le scosse generano uno tsunami che si abbatte sulla costa, danneggiando la centrale nucleare di Fukushima. Ecco come si sono evoluti i fatti.

La centrale. La centrale nucleare di Fukushima Daiichi, una delle principali del Giappone, è stata costruita alla fine degli anni ’60. Comprende 6 reattori, il più vecchio dei quali ha iniziato a erogare energia elettrica nel 1971. Si tratta di reattori ad acqua bollente ( Bwr – Boiling Water Reactor), così chiamati perché usano acqua leggera sia come moderatore sia come liquido termovettore. Ironia della sorte, il reattore numero 1, uno di quelli maggiormente danneggiati dal terremoto, avrebbe dovuto essere dismesso questo mese.

Come funziona un reattore ad acqua bollente. Nel nocciolo di un reattore Bwr, il combustibile uranio è contenuto all’interno di barre di zirconio (si usano leghe di zirconio perché assorbono poco i neutroni e resistono alla corrosione) immerse in acqua, che funge da liquido refrigerante. La reazione di fissione nucleare dell’uranio libera energia sotto forma di calore, causando l’ebollizione dell’acqua con la conseguente produzione di vapore. Quest’ultimo fa girare le turbine che generano energia elettrica. Il vapore viene quindi condensato e nuovamente trasformato in acqua da reimmettere nel nocciolo. Per moderare la reazione nucleare, si usano barre di controllo capaci di controllare le emissioni dei neutroni liberati dalla reazione di fissione.

Cosa non ha funzionato a Fukushima. Durante il terremoto, i reattori nucleari hanno smesso automaticamente di funzionare. Grazie al sistema di controllo, infatti, le barre moderatrici si sono spostate nel nocciolo bloccando la reazione di fissione nucleare. Nonostante ciò, le barre di uranio hanno continuato a generare enormi quantità di calore. Per assorbirlo, in modo da evitare pericolosi innalzamenti di temperatura, era necessario che le barre fossero continuamente immerse in acqua di raffreddamento. La scossa di terremoto, però, ha danneggiato il sistema automatico di pompaggio, rendendo necessario immettere acqua manualmente, man mano che questa evaporava. Ma la velocità di evaporazione ha superato quella con cui è stato possibile reimmettere l’acqua. L‘innalzamento della temperatura, secondo la ricostruzione del NY Times, potrebbe aver causato la fusione delle barre di zirconio, con il conseguente rilascio di gas radioattivi e idrogeno. Per abbassare la pressione che accelera la fusione, i tecnici sono stati costretti a far fuoriuscire il vapore. Questo, però, ha interagito con l’ossigeno dell’atmosfera causando esplosioni negli involucri di contenimento (sarcofagi di acciaio ricoperti da gabbie di calcestruzzo e acciaio) e la conseguente fuoriuscita di radiazioni. Se la fusione del nocciolo fosse completa, il metallo liquefatto fortemente radioattivo sarebbe intrattabile e inavvicinabile.

Qual è la situazione dei reattori di Fukushima.

Reattore numero 1: si presume ci sia stata una parziale fusione del nocciolo a causa di problemi nel sistema di raffreddamento. Parte dell’edificio esterno è danneggiato e piccole quantità di radiazioni possono essere state rilasciate nell’atmosfera. È stata accertata la presenza di acqua radioattiva. Il reattore ha 400 barre di uranio ancora utilizzabili e 292 consumate.
Reattore numero 2: le autorità hanno recentemente ammesso una parziale fusione del nocciolo a causa di problemi nel sistema di raffreddamento. È stata rilevata la presenza di acqua fortemente radioattiva nel seminterrato del locale che ospita le turbine, probabilmente formatasi dopo il contatto con le barre parzialmente fuse. Il reattore ha 548 barre di uranio ancora utilizzabili e 587 consumate
Reattore numero 3: la struttura di contenimento potrebbe essere stata danneggiata lasciando le barre di uranio senza copertura. Ora sono state parzialmente re-immerse in acqua. È stata accertata la presenza di acqua radioattiva. Il reattore ha 548 barre di uranio ancora utilizzabili e 514 consumate.
Reattore numero 4: un’esplosione e un incendio hanno danneggiato l’edificio lasciando le barre di uranio consumate esposte all’aria con la conseguente emissione di gas tossici. Ora l’acqua è stata in parte reimmessa. Il reattore non ha barre di uranio ancora utilizzabili.
Reattori 5 e 6 (dismessi): non sono stati danneggiati e la temperatura delle barre di uranio consumate è stata abbassata dopo un forte innalzamento.

Radioattività. Secondo uno studio commissionato da Greenpeace Germania a Helmut Hirsch, esperto di sicurezza nucleare, l’incidente di Fukushima avrebbe già rilasciato abbastanza radioattività da essere classificato come livello 7 nella International Nuclear Event Scale (Ines). La quantità di iodio 131 e cesio 137 rilasciata a Fukushima solo tra l’11 e il 13 Marzo 2011, infatti, è pari al triplo del valore minimo necessario a classificare un incidente come di livello 7, sin ora raggiunto solo a Chernobyl nel 1986. Ma le misurazioni sono ancora incerte e in continuo aggiornamento.

Morti. Sino a oggi sono due le vittime dell’incidente di Fukushima, non imputabili alle radiazioni ma ad altro tipo di incidenti. È recente la notizia di altri due operai ricoverati in ospedale perché esposti a radiazioni che hanno provocato ustioni. Si tratta di radiazioni nell’ordine dei 170 millisievert l’ora, mentre il livello di esposizione considerato massimo, in un anno, è stimato intorno ai 100 millisievert.

Quali sono i rischi per la salute
. Un incidente nucleare provoca la fuoriuscita di sostanze radioattive che liberano radiazioni ionizzanti in grado di rompere i legami chimici delle molecole e danneggiare così cellule e tessuti. Nel caso di Fukushima, a preoccupare maggiormente non è l’uranio radioattivo (che a causa della sua pesantezza non si diffonde molto al di là dell’area dell’incidente), ma prodotti di fissione secondari come lo iodio 131 o il cesio 137, che invece sono più leggeri e facilmente trasportabili dai venti. Le conseguenze per la salute sono molteplici. Si va da nausea, mal di testa, febbre, diarrea causati dall’esposizione a bassi livelli di radiazioni, circa 1 sievert l’ora, sino al sopraggiungere di tumori e decesso per un’esposizione a 5 sievert l’ora. Il problema, tuttavia, è che non è facile prevedere quali saranno i danni per la salute a lungo termine. Gli studi di questo genere condotti sin ora su casi di Chernobyl, infatti, hanno dato risultati contraddittori.

Piani di evacuazione. Per proteggere la popolazione dalle radiazioni, il governo ha messo in atto un piano di evacuazione nell’area che si estende nei 20 km intorno alla centrale, mentre i residenti che vivono in zone comprese in un raggio di 30 km sono stati sollecitati ad abbandonare le loro case o a non uscire. A 20 km di distanza dalla centrale, infatti, è stata registrata un’emissione di radiazioni pari a 78 microsievert per ora. Per dare un’idea, l’esposizione a un tale livello di radiazioni per un’ora equivale a fare una radiografia a raggi X.

Colpe e responsabilità. Polemica tra il governo giapponese e la Tepco, l’azienda che gestisce la centrale nuclesre di Fukushima. Il suo capo, Masataka Shimizu, è latitante dal 13 marzo, mentre si alternano voci su una presunta fuga all’estero, un ricovero in ospedale o addirittura il suicidio. Prima del terremoto, la gestione della centrale da parte di Shimizu era stata lodata perché aveva portato a una crescita dei profitti. Come c’era riuscito? Semplicemente tagliando i costi delle ispezioni, ridotte in frequenza. La polemica è cresciuta negli ultimi giorni dopo l’errore commesso dalla Tepco sui dati relativi alla radioattività. In prima battuta, l’azienda aveva parlato di livelli di radioattività 10 milioni di volte superiori rispetto al normale, corregendo poi il tiro alle 100mila volte. Un errore che rischia di aggiungere ulteriore confusione a una situazione già troppo difficile.

Le radiazioni fuori dal Giappone. Prima in direzione Nord-Est, verso l’Oceano pacifico e gli Stati Uniti, poi il Canada. La dispersione dei rilasci di radioattività dalla centrale giapponese dipende dai venti e dal meteo. Lo scorso 17 marzo, la Comprehensive Nuclear Test Ban Treaty Organization (Ctbto) aveva rilasciato le previsioni sullo spostamento del plume radioattivo, che ormai ha raggiunto l’Europa. I livelli di radioattività al di fuori del Giappone, comunque, sarebbero molto bassi. Già sulle coste statunitensi, le concentrazioni degli isotopi radioattivi rilevate la scorsa settimana erano ben al di sotto ai livelli ambientali, come ha anche riportato Nature nell’ultimo numero.

Italia.

Piccole tracce di iodio 131 – dell’ordine del decimillesimo o centomillesimo di becquerel al metro cubo – sono state rilevate anche nella nostra atmosfera. Concentrazioni che, rassicura l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), “non hanno alcuna rilevanza dal punto di vista radiologico e sono tali da non costituire alcun rischio di tipo sanitario”. Per ora, inoltre, “la rete automatica di monitoraggio dell’intensità di dose gamma in aria non ha registrato valori anomali rispetto alle normali fluttuazioni del fondo ambientale locale”, riporta ancora l’ente in un comunicato diffuso ieri. Dal 12 marzo, la rete di agenzie regionali e delle province autonome ha intensificato le rilevazioni e sta monitorando l’aria quotidianamente (per quanto riguarda le misurazioni della deposizione al suolo, condotte settimanalmente, si attendono i dati dall’Arpa Friuli Venezia Giulia). Le concentrazioni di iodio 131 e cesio 137 rilevati nella nostra aria sono in linea con quelli riportati, per la Francia, dall’Istituto di radioprotezione e sicurezza nucleare (Irsn), e sono di 1 – 2 ordini di grandezza più basse di quelle dichiarate negli Usa e in Canada nei giorni precedenti. Anche a quelle concentrazioni comunque – ha dichiarato l’Environmental Protection Agency statunitense – le radiazioni non sarebbero rilevanti dal punto di vista radiologico per la popolazione dal momento che la dose risulta “centomila volte inferiore a quella normalmente ricevuta dalla radioattività naturale”. L’ Islanda, dove l’Autorità per la Radioprotezione vanta sistemi di monitoraggio estremamente sensibili, fa sapere che le tracce di iodio 131 registrate finora sono un milionesimo di volte più basse di quelle misurate in Europa dopo l’incidente di Chernobyl.

Plutonio nel suolo di Fukushima Dai-ichi. Le autorità giapponesi hanno confermato la presenza di tracce di plutonio 238 nel suolo in due dei cinque campioni prelevati intorno alla centrale (nel raggio di 4-5 chilometri) dalla Tokyo Electric Power Company (Tepco). La composizione indica che il materiale, altamente, radioattivo proviene effettivamente dai reattori. Il plutonio potrebbe essere fuoriuscito con l’acqua pompata per raffreddare i reattori. La Nuclear and Industrial Safety Agency dice di non sapere ancora quale reattore sia la fonte del materiale radioattivo, riporta il New Scientist (sebbene, secondo quanto fa sapere la Bbc, il plutonio sarebbe utilizzato solo nel terzo).

Acqua radioattiva. È accertato: l’acqua altamente radioattiva (1.000 millisieverts per ora, dose che causerebbe danni temporanei) è fuoriuscita dalla struttura che contiene i reattori. La Bbc riporta che ne è stata trovata in un tunnel sotterraneo usato per la manutenzione, che termina a soli 55 metri dalla costa. E la Tepco ha rilasciato nuovi documenti sulla rilevazione di radioattività in campioni di acqua marina effettuati negli scorsi giorni.

Le rilevazioni effettuate dagli istituti competenti giapponesi ed elaborati dall’Iaea mostrano che, a 30 chilometri dalla costa, il livello di cesio 137 è di 3-4 ordini di grandezza superiore a quello misurato nel 2005. I valori registrati il 26 marzo indicano che la dose di radioattività è tra 0,041 e 0,1 microsievert l’ora. A 330 metri in direzione est si registra un amento della concentrazione sia di cesio 137, sia dell’isotopo 134, sia di iodio 131 (12.000 Bq/L il primo e 74000 Bq/L gli ultimi due).

La contaminazione via mare. Intanto arrivano i primi modelli della dispersione dei due elementi in mare: si muoveranno verso Nord-Est (le stazioni poste a 30 chilometri dovrebbero registrarli raggiunte dopo 7-14 giorni dal rilascio); secondo le proiezioni, comunque, la concentrazione diminuisce velocemente e i radionuclidi “potrebbero impiegare mesi o anni per raggiungere le coste di altri paesi del Pacifico“. Al momento, dice sempre l’Iaea, la diffusione avviene quindi principalmente per via atmosferica.

Cibo contaminato. La scorsa settimana, il primo ministro giapponese, Naoto Kan, ha interrotto le spedizione di latte e diversi vegetali (l’elenco si aggiorna velocemente) dalla prefettura di Fukushima e da altre tre prefetture vicine: Ibaraki, Tochigi e Gunma, a causa di valori di iodio 131 sopra i valori consentiti; anche il consumo da parte dei bambini di acqua dai rubinetti, compresi quelli di Tokyo, è sconsigliato. Secondo quanto dichiarato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) lo scorso 25 marzo, al momento l’acqua non sembra porre la popolazione a rischio, ma la situazione va monitorata costantemente, perché evolve in fretta e cambia da regione a regione. La contaminazione, inoltre, potrebbe essere più estesa di quanto non si pensasse all’inizio. Altre due prefetture si sono già aggiunte all’elenco (quella di Yamagata e Niigata) e elevate deposizioni di iodio 131 hanno coinvolto in tutto, ad oggi, 9 prefetture. Intanto altre nazioni hanno cominciato ad applicare restrizioni alle importazioni dal Giappone. Primi gli Stati Uniti, seguiti dalla Corea del Sud, da Hong Kong, da Singapore, che hanno vietato anche la carne proveniente da quelle 4 aree. In ogni caso, si comincia un po’ ovunque a effettuare controlli. In Italia, il Ministero della Salute ha dichiarato di aver “disposto l’aumento dei controlli sui prodotti alimentari, soprattutto pesci, crostacei, caviale, soia, alghe, tè verde

Riferimenti: wired.it

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