Gli esopianeti sono ora più di 3200

(Credits: NASA Ames/N. Batalha and W. Stenzel)

1.284. È questo l’impressionante numero dei nuovi esopianeti appena confermati grazie ai dati raccolti dal telescopio spaziale Kepler della Nasa. Si tratta del più grande aggiornamento in materia mai rilasciato. Nove delle new entry potrebbero avere le caratteristiche adeguate per sostenere la vita come la conosciamo noi, aumentando così le possibilità di scovare un’altra Terra (malgrado in passato le rivendicazioni al riguardo non siano certo mancate).

Sale così a 3.200 il numero totale degli esopianeti confermati, di cui Kepler ne ha scoperti 2.235. “Prima che del lancio del telescopio spaziale Kepler”, spiega Paul Hertz, direttore della divisione di astrofisica della Nasa, “non sapevamo se i pianeti esterni al Sistema Solare fossero rari o comuni nella galassia. Grazie a Kepler e alla comunità dei ricercatori, ora sappiamo che ci potrebbero essere più pianeti che stelle. Un’informazione fondamentale per compiere il primo passo nell’affrontare la fatidica questione, ‘Siamo soli nell’universo?’ ”.

Dei nuovi esopianeti appena scoperti circa 550 dovrebbero essere rocciosi come la Terra. Nove di questi potrebbero essere in grado di sostenere la vita, portando il numero totale di pianeti potenzialmente abitali – quelli cioè con temperature di superficie che potrebbero consentire la presenza di acqua allo stato liquido e quindi di forme di vita per come noi le conosciamo – a 21.

Kepler, il telescopio tornato a nuova vita dopo la crisi sperimentata nel 2013, si avvale del metodo del transito per scovare mondi alieni: osserva piccole variazioni nelle intensità luminosa delle stelle, indice della presenza di possibili pianeti in orbita. Qualcosa, per capirsi, di molto simile a quanto abbiamo visto nei giorni scorsi con il transito di Mercurio sul Sole.

I nuovi esopianeti sono diventati tali (ovvero hanno ricevuto conferma del loro status di pianeta) dopo un’analisi statistica in cui gli astronomi hanno sostanzialmente pesato la probabilità che la diminuzione di luminosità per le stelle mappate da Kepler fosse dovuta a un pianeta o ad altri fenomeni, come una piccola stella.

Via: Wired.it

Marta Musso

Laureata in Scienze Naturali alla Sapienza di Roma con una tesi in biologia marina, ha sempre avuto il pallino della scrittura. Curiosa e armata del suo bagaglio di conoscenze, si è lanciata nel mondo del giornalismo e della divulgazione scientifica. “In fin dei conti giocare con le parole è un po' come giocare con gli elementi chimici”.

Articoli recenti

Uno dei più misteriosi manoscritti medioevali potrebbe essere stato finalmente decifrato

Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…

19 ore fa

Ripresa la comunicazione con la sonda Voyager 1

Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…

3 giorni fa

Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…

4 giorni fa

Così i tardigradi combattono gli effetti delle radiazioni

Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…

5 giorni fa

Leptospirosi: perché crescono i casi a New York?

Mai così tanti casi di leptospirosi in un anno dal 2001: a contribuire all’aumento delle…

1 settimana fa

Fogli d’oro sottilissimi: arriva il goldene

Potrebbe essere usato in diverse applicazioni come catalizzatore per la conversione dell'anidride carbonica e la…

1 settimana fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più