Gli europei diffidano della scienza

Preoccupati, informati, dubbiosi o fiduciosi. Qual è il rapporto che i cittadini europei hanno con la scienza e la ricerca scientifica? Se lo è chiesto l’istituto di sondaggi dell’Unione Europea, l’Eurobarometer, che a tale proposito ha intervistato più di 16 mila persone tra maggio e giugno del 2001. I risultati, pubblicati nell’ultimo rapporto dell’istituto e paragonati con l’edizione precedente della ricerca avvenuta nel 1992, segnalano una maggiore curiosità per i temi scientifici (il 45,3 per cento si dichiara interessato) ma allo stesso tempo un’aumentata consapevolezza di essere poco informati a riguardo. Gli intervistati si sono dichiarati avidi di informazioni mediche e sull’ambiente, quasi sempre ottenute dalla televisione, mentre i musei scientifici e tecnologici non sono stati, ancora una volta, tenuti in considerazione come fonti di conoscenza (sono stati visitati solo dall’11,3 per cento). Anche nel 2001, come nel ‘92, agli intervistati sono state poste delle domande di carattere scientifico per testarne le conoscenze di base. Solo in due casi le risposte sono migliorate in maniera consistente: “I primi umani hanno vissuto al tempo dei dinosauri?” e “Gli antibiotici annientano i virus così come i batteri?”. Alla prima ha risposto esattamente il 9,4 per cento in più del campione, mentre la percentuale della seconda è salita da 27,1 a 39,7 per cento.

Sarà per il maggior livello di informazione scientifica ma la scienza non è più vista come una panacea capace di risolvere i problemi del mondo. Al contrario, ben il 52 per cento degli europei pensa che la ricerca non aiuterà a risolvere il flagello della fame nel mondo, e il 61,3 per cento non pensa che grazie ai progressi tecnologici le risorse naturali della Terra potranno diventare inesauribili. In quanto attività controversa, quindi, la scienza deve essere obbligata dalle autorità a rispettare delle regole etiche per l’80,3 per cento degli intervistati. Mentre meno unanime è la convinzione che gli scienziati siano responsabili del cattivo utilizzo delle proprie scoperte da parte di alti ricercatori. La mancanza di controlli adeguati è stata al centro di due dei casi che hanno scaldato gli animi e preoccupato le menti dei cittadini europei negli ultimi tempi: l’epidemia di “mucca pazza” e l’utilizzo degli organismi geneticamente modificati. Se entrambi i fronti gli intervistati hanno denunciato una cattiva informazione e un forte desiderio di poter scegliere cosa mettere in tavola (il 94,6 per cento).

Uno sguardo più attento ai dati dell’Eurobarometer consente di analizzare infine le differenze fra i singoli Stati. L’Italia si distingue per il minor interesse riservato al tema donne e scienza – a cui ancora questa settimana la rivista scientifica Science dedica un forum: solo il 59,4 per cento del campione è d’accordo sull’opportunità di incoraggiare più donne a intraprendere carriere scientifiche contro una media europea del 70,8 per cento. Al contrario è positivo l’atteggiamento degli italiani nei confronti della ricerca europea: il 65,1 per cento pensa che unendo i laboratori si ottengano migliori risultati che lavorando solo a livello nazionale. Ben il 66,6 per cento dei tedeschi si dichiara non interessata ai temi scientifici conquistando così il primato negativo, mentre i danesi sono i meglio informati. La Francia conquista la palma dello scetticismo: solo il 56 per cento del campione considera gli scienziati capaci di dare spiegazione di un disastro, e il 75,4 per cento ha la sensazione che proprio a causa del loro sapere i ricercatori sono potenzialmente pericolosi. L’etica è invece l’argomento che più sta a cuore ai greci: primi (90,3 per cento) a indicare l’obbligatorietà di istituire leggi morali a cui la scienza si deve uniformare, primi (70,1 per cento) nel ritenere la comunità scientifica responsabile per il cattivo uso delle scoperte, primi (93 per cento) nella richiesta di maggiore informazione, primi (93,3 per cento) a opporsi agli Ogm. Chiudono la classifica i portoghesi, i meno informati, e gli irlandesi, i frequentatori meno assidui di musei scientifici.

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